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"Giusti fra le Nazioni". La storia di Giuseppe Mansueto Rossi e di sua moglie Maria da San Pellegrino

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Calcolare il numero esatto di persone che morirono a causa delle politiche naziste è un'impresa difficile. Non esiste alcuna documentazione tenuta da funzionari nazisti che contenga il numero dei morti causati dall'olocausto. Per stimare con maggior precisione le perdite umane, i ricercatori insieme a organizzazioni ebraiche e agenzie governative hanno usato, fin dal 1940, fonti diverse quali censimenti, archivi o indagini condotte dopo la fine della guerra. Man mano che venivano trovati nuovi documenti i dati venivano perciò aggiornati. Fattostà che senza l'intervento di persone di buon cuore il numero degli ebrei sterminati sarebbe stato di gran lunga maggiore. Fu proprio per questo motivo che nel 1953 venne fondato con un atto del Parlamento israeliano lo Yad Vashem, l'Ente nazionale per la memoria della Shoa con sede a Gerusalemme. Questo ente ha infatti lo scopo (fra gli altri) di nominare, ricordare e celebrare i "Giusti fra le Nazioni". La definizione "Giusto fra le Nazioni" va fatta risalire al "Talmud", testo fondamentale per la religione ebraica e Yad Vashem ha ripreso questo termine per rendere omaggio e commemorare coloro

che rischiarono la vita per salvare gli ebrei negli anni delle persecuzione nazifasciste. "Chi salva una vita, salva il mondo intero", così si legge nel Talmud. Nel memoriale di Gerusalemme è stato a loro dedicato un grande giardino, per ogni giusto veniva piantato un albero e ai piedi di questi alberi ogni visitatore lasciava un sasso. I sassi sono il simbolo del perpetuo ricordo, mentre l'albero è simbolo della vita che continua e che è  continuata grazie a questi  "Giusti fra le Nazioni". Fra quelli che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra memoria non possiamo dimenticare Oskar Schindler, forse il più famoso, ma ci anche sono molti italiani (circa 700) come Gino Bartali, Giorgio Perlasca, Carlo Angela (padre del giornalista Piero)e Monsignor Angelo Riotta. Ma esistono anche personaggi meno illustri, e che hanno contributo in ugual maniera a salvare vite umane e che purtroppo non hanno mai avuto la ribalta della cronaca. Ebbene fra questi "Giusti fra le nazioni" abbiamo anche due garfagnini e queste che vado a trarre integralmente dal data base dello Yad Vashem sono le vicende che portarono Giuseppe Mansueto Rossi e sua moglie Maria di San Pellegrino in Alpe a fregiarsi di questa alta onorificenza. Nell’agosto del 1943 assieme alla madre Felicina Barocas, incinta della seconda figlia, Franca Sraffa si recò a Farnocchia di Stazzema, una località della montagna tra i boschi non lontana da Pietrasanta, dove i nonni Federigo Abramo Ventura e Ersilia Barocas possedevano un negozio di stoffe, in Via
San Pellegrino in Alpe
 Mazzini. E lavorava anche il padre, Aldo. Quella a Farnocchia doveva essere solo una breve vacanza consigliata dal medico a Felicina in vista delle sue condizioni di gravidanza e della calura estiva. Poi però con la caduta del regime fascista, e il precipitare degli eventi bellici, furono costrette a restarvi, dal momento che la situazione si era fatta particolarmente difficile in quanto la famiglia era ebrea sia dalla parte di Aldo Sraffa, che dalla parte di Felicina. Erano infatti comparse scritte antiebraiche in prossimità del negozio a Pietrasanta, e fu così che a Farnocchia arrivò anche Aldo. La famiglia Sraffa abitava in paese in una casa in piazza del Carmine, e fu a Farnocchia che il 18 ottobre 1943 nacque la piccola Donatella-Miriam. Purtroppo, l’ostetrica del paese, Siria Catelani, era di ideologia fascista, e dopo il parto si recò al comando tedesco per denunciare la presenza in paese di una famiglia ebrea.
Don Innocenzo Lazzeri
In questa condizione di grave pericolo, gli Sraffa furono accolti per alcuni giorni dal parroco di Farnocchia, don Innocenzo Lazzeri, che li nascose nella locale canonica. La stessa ostetrica tuttavia informò i nazifascisti del rifugio, e così una pattuglia arrivò a perquisire la canonica. In quel momento, l’intera famiglia Sraffa riuscì a nascondersi in un antro defilato della canonica, con Donatella-Miriam attaccata al seno materno in pieno allattamento, e l’alto rischio che se avesse smesso avrebbe potuto mettersi a piangere, permettendo così ai nazifascisti di trovarli. Dopo la perquisizione, gli Sraffa e don Innocenzo capirono che la canonica non era il posto più sicuro per loro, e così l’8 dicembre del 1943 si ritirarono a Greppolungo, un piccolo borgo del Comune di Camaiore, a circa 5 km di distanza da Farnocchia. Dopo un mese di permanenza su quelle montagne, nel corso del quale gli Sraffa cambiarono spesso luogo di residenza per evitare di essere scoperti, il dottor Mario Lucchesi, figlio del primario dell’ospedale di Pietrasanta, organizzò il loro trasferimento al Tendaio, località di montagna presso San Pellegrino in Alpe, nel comune di Castiglione di Garfagnana. Il trasferimento vide Aldo e famiglia scendere a Camaiore, ad attenderli trovarono Mario Lucchesi che con la sua auto li condusse a casa sua a Castiglione, dove trascorsero la notte e poterono rifocillarsi. La mattina seguente, all’alba alcuni membri della famiglia Rossi del Tendaio, tra cui Giuseppe Mansueto, venne a prelevare gli Sraffa per
Giuseppe Mansueto Rossi
 portarli presso la loro abitazione, a circa 15 chilometri da Castiglione. Al Tendaio, Aldo, Felicina, Franca e la piccola Donatella Miriam vennero accolti con grande generosità dalla famiglia Rossi, Giuseppe Mansueto, la moglie Maria, il figlio Franco e la sorella di Maria, Rosina. Gli Sraffa vennero raggiunti anche dagli zii Augusto Ventura e Giuseppina Trevi, e tutti rimasero dai Rossi per circa un anno e mezzo, fino al giugno del 1945, ovvero la fine della guerra, organizzando ogni notte dei turni di veglia per controllare l’eventuale arrivo di truppe nazifasciste. Allora, don Innocenzo Lazzeri aveva già trovato la morte, il 12 agosto 1944, trucidato dalle SS nel tristemente noto eccidio di Sant’Anna di Stazzema. 
L’8 dicembre 2015, Yad Vashem ha riconosciuto don Innocenzo Lazzeri, Mario Lucchesi, Giuseppe Mansueto Rossi e Maria Rossi come Giusti tra le Nazioni. Per far capire ancor meglio al caro lettore l'importanza e il significato di questo riconoscimento è giusto ricordare cosa poteva capitare a chi dava aiuto agli ebrei. Tali normative variavano secondo il Paese in cui veniva commesso il fatto. Innanzitutto le pene venivano date senza bisogno d'alcun processo e si andava dalla deportazione verso i famigerati lager, al carcere o alla fucilazione, le autorità naziste consigliavano però l'esecuzione di questi collaboratori sul posto. E' doveroso anche sfatare il mito di "italiani brava gente", non fummo tutti dei "Giuseppe Mansueto Rossi", ci furono molti "Siria Catelani", ossia dei delatori. Infatti, per quanto efficienti, i 
Maria Rossi
comandi della polizia tedesca avevano troppo poco personale e furono quindi costretti ad appoggiarsi ai funzionari della R.S.I.
Ma non fu soltanto la politica ufficiale della Repubblica a essere di aiuto. Anche la collaborazione spontanea di migliaia di «italiani comuni», di normali cittadini, fu fondamentale per l’arresto di migliaia di ebrei. I poliziotti tedeschi sfruttarono ampiamente i collaboratori italiani: spie, delatori, infiltrati, che agivano nei modi più diversi. Questo lavoro veniva pagato piuttosto bene, dato che su ogni ebreo, in media, veniva messa una taglia di 5.000 lire dell’epoca. Comunque sia come cita il Talmud: "Basta che esista un solo giusto perchè il mondo meriti di essere stato creato".


Bibliografia

  • Data Base online Yad Vashem
  • "Chi salva una vita. In memoria dei giusti toscani" di Alfredo de Girolamo. Regione Toscana 
Fotografie

  • Le fotografie di Giuseppe Mansueto Rossi e di Maria Rossi sono tratte dal libro "Dalla Versilia alla Garfagnana Storia di ebrei e di Giusti" di Marco Piccolino


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