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Quando in Garfagnana era un problema anche vestirsi. Quello che indossare lo decideva lo Stato...

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Tempi facili adesso per Prada, Armani e Dolce e Gabbana. Siamo nell'era della moda imperante. Vestiti di ogni foggia, colore e forma sono presenti in ogni dove e più strambi e bizzarri sono e più fanno tendenza e glamour, anzi, ancora meglio (riferito in particolar modo alle femminucce) se questi abiti potessero lasciare intravedere qualcosina... Ecco allora il trionfo di seni prosperosi strizzati in indumenti attillatissimi, di gambe al vento e tacchi vertiginosi. Anche i maschietti un tempo scevri da ogni tendenza modaiola sono caduti nel trappolone dell'outfit più selvaggio: jeans strappati, giacche strettissime, pantalone corto alla caviglia stile “acqua in casa”. Così è, d'altronde i numeri parlano chiaro dal momento che la moda italiana e il tanto (giustamente) glorificato Made in Italy sono secondi al mondo per produzione. Ma a Gallicano in particolare e in tutte i paesi della Garfagnana sotto il dominio della Repubblica di
Gallicano
Particolare di una mappa del 1613
Lucca così non sarebbe stato nel lontano 1614, come vestire infatti, lo decideva lo Stato. Se oggi fosse ancora così, addio agli stilisti stravaganti, addio alle sinuose forme e soprattutto addio ai fatturati di questa grande industria. 
I tempi passano (grazie a Dio) e finalmente ognuno è libero di esprimere la propria personalità e il proprio gusto anche nel vestirsi, ma una volta no. In un tempo lontano esistevano regole ferree su quello che una persona doveva indossare e pene severissime se ciò non fosse stato rispettato. Questo articolo all'apparenza frivolo e leggero, invece è un articolo che deve far riflettere sulla condizione sociale che oggi abbiamo, sulla nostra autonomia nel decidere e nell'autodeterminarsi, cosa che un tempo era molto limitata. Facciamo allora questo viaggio a ritroso nel tempo di quattro secoli, nei meandri della moda seicentesca e alla scoperta di una delibera scovata nell'archivio storico di Gallicano, così intitolata “Decreti del Consiglio di Lucca sopra gli abiti e i loro ornamenti (anno 1614)”. Prima di addentrarsi in singolar decreto e per rendere più chiaro il contesto di questa originale ordinanza è
d'uopo al mio caro lettore inquadrare bene il periodo storico in questione. Siamo nel XVII secolo e precisamente nel 1640, Agostino Lampugnani (religioso milanese) così dice:
“Che monta tanto fantisticare intorno al vestire della moda se non se ne fa il cimento della sperienza”.Per la prima volta viene usata la parola “moda”, in questo suo libro (“Della carrozza da nolo, overo del vestire e usanze”)l'abate critica aspramente tutti quelli che “eccedono nel seguire la moda” e si mostra contrario non solo alle abitudini delle signorine, ma anche a quelle dell'uomo, che già al tempo è attratto dalle nuove inclinazioni. La Guerra dei Trent'anni d'altro canto ha lasciato il segno, la Francia vede il suo potere crescere esponenzialmente, le sue influenze anche nel campo della moda dilagano in quasi tutta Europa a discapito della cattolicissima e bigotta Spagna, la cui ascendenza sulla moda ha imposto un carattere di rigore e moderazione. Intanto a Roma ad inizio secolo (sempre il XVII) nasce un nuovo movimento culturale, esaltazione del potere creativo ed estroso, che viene applicato in tutti i campi del sapere e dell'arte, dall'architettura, alla musica, ad arrivare perfino alla filosofia e anche nella moda...Siamo nell'epoca del Barocco. La vita dei ricchi di quel tempo è caratterizzata da un'estrema sfarzosità, da un ritorno al lusso e alla sensualità, è il secolo della consapevolezza, in cui uomini e donne iniziano a esprimersi anche attraverso i vestiti che indossano. Ma così non deve essere e così non è per la Repubblica di Lucca, in barba a qualsiasi francese o a qualsivoglia tendenza. Chiesa e Stato sono ancora forti 
Repubblica di Lucca anno 1673
e dettano ancora il modus vivendi di qualsiasi cittadino, in Garfagnana la Francia e la moda sono lontani anni luce, ormai è da tempo immemore che per la Repubblica di Lucca vige la legge
“sugli ornamenti”. Già nel 1308 queste regole sono introdotte per mettere un freno “nell'immoderatezza del vestire”e per limitare le spese superflue dei cittadini. Quindi da una parte vediamo la Chiesa che impone morigeratezza e dall'altra lo Stato che dice che è bene che il cittadino non spenda soldi in cose “inutili”, è più giusto risparmiare per poi pagare le tasse... questo è il patetico “leitmotiv” che per secoli vedrà il perpetuarsi di questa legge . A vigilare sul rispetto di queste regole sono dei semplici giudici, con il tempo di ciò si occuperanno delle commissioni apposite, fino ad arrivare al Decreto in questione che è addirittura opera di una speciale commissione:“L'Offizio sugli Ornamenti”. E' il 22 luglio 1614, anno di Grazia e il Decreto viene approvato dal Consiglio degli Anziani del Comune di Gallicano: “Che da qui in avanti s'intenda proibito agli uomini e donne di qualsiasi voglia, grado, e condizione, finiti che avessero i dieci anni di portare le infrascritte cose..”, inizia così una sequela lunga ben sei pagine di proibizioni e divieti di ogni qualità, tipo e
genere: 
“perle di ogni sorta vere o false, gioie di ogni sorta vere o false (eccetto in anella), oro o argento vero o falso, di qualsivoglia abito, comprendente ancora, cinti di calze, ciarpe, berrette, cappelli, parasoli, guanti e cintole da spada...". Non si creda, come pare, da una sommaria lettura che la legge sia fatta per colpire le signore, anche i signori hanno il suo bel da fare nel districarsi fra regole e regolette: “Inoltre agli uomini s'intende proibito di portare cappe, cappotti e ferraioli (n.d.r: mantello) di seta, foderati di altro drappo che di semplice taffetà (n.d.r: tessuto pregiato), o ermellino”. La legge è anche ben articolata e non si limita a fare un semplice distinguo fra uomini e donne, ma fra donne e donne, particolare attenzione viene data a quelle maritate e alle cosiddette fanciulle, che si devono sobbarcare oltre alle proibizioni precedenti un ulteriore surplus e quindi... “s'intenda proibito di portare i cristalli intagliati, i profumi in filze, collane e cintole, tutti i pendenti all'orecchio eccetto che un semplice anelletto d'oro puro. I grembiali che siano partiti (n.d.r: senza) trine, rete o qualsivoglia sorta di lavori” -inoltre, bene si legga, è proibito-“...portare casacche di velluto se non di
colore nero -
e poi continua– non si possa portare da loro alcuna veste o casacca di seta d'altro colore che nero...” . Insomma, niente fronzoli ed orpelli vari, né per gentil donzella, né per messere, perciò niente collane, anelli, orecchini, tutto (o quasi) negato, per giunta gli abiti devono essere confezionati non con stoffe ricercate e perdipiù niente colori, è l'apoteosi del nero, del grigio, dell'argento, al limite si può indossare un color “leonato” (così specifica letteralmente il decreto), una sorta di marrone chiaro. Naturalmente esistono anche le eccezioni (quando si dice che la legge NON è uguale per tutti) e ci sono persone che da tutta questa “tiritera” si possono esentare. Per questo eccezion viene fatta: “Dichiarando che delle suddette proibizioni in tutti i casi suddetti, eccetto però il capo dei presenti (n.d.r: il capo del Consiglio degli Anziani), s'intende eccetuati gli eccellentissimi signori del tempo, che saranno in magistrato, gli ufficiali forestieri e stipendiari, forestieri del Magnifico Comune e ciascuno forestiero e sua famiglia per un anno dopo di che saranno venuti ad abitare nella città...”. Tanto per chiarire e rendere inequivocabile l'idea, questa non è una “leggetta” fatta tanto per fare, è una legge che si porta dietro pene
severissime. I trasgressori se colti in fallo la prima volta vengono sanzionati con 25 scudi d'oro in contanti, la seconda con 50 e la terza volta (udite udite) con 50 scudi d'oro e un anno al bando o un mese di prigione e attenzione anche all'eventuale responsabilità indiretta dei congiunti nei reati: 
“il padre è tenuto per i figlioli e le figliole, non maritate, il marito per la moglie, il fratello per la sorella, seco abitante”...( ma...sull'uomo chi vigila !).Per fortuna fra le tanti leggi terrene ne esistono altrettante ideologiche, che talvolta rendono giustizia a quelle inique e insensate che l'uomo impone e difatti, come ben si sa, il tempo è galantuomo e spesso rende onore a chi prima gli è stato tolto. Anticamente infatti si è sempre pensato che la moda fosse inutile, superficiale ed effimera, un  qualcosa di tanto veloce quanto leggero. La verità è, che è davvero così, la moda presenta tutte queste caratteristiche, ma allo stesso tempo mentre i secoli scorrevano tutto ciò si è rivelato quel fenomeno che ha rappresentato al meglio la società, il vestito così diventava il simbolo di una divisione delle classi sociali trasformandosi di fatto in uno strumento fedele che ha permesso di ripercorrere il tracciato della storia, del costume e dell'economia, come un perfetto marchingegno antropologico.


Bibliografia

  • "Decreti del Consiglio della Repubblica di Lucca sopra gli abiti e loro ornamenti" anno 1614 


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