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Leggende garfagnine e personaggi storici, un mix tra mito e realtà

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Le leggende garfagnine, (ma in genere un po' tutte) nella maggior
parte dei casi sono legate a personaggi di fantasia o a esseri sovrannaturali, oramai questi esseri (come già abbiamo avuto modo di raccontare) come il buffardello,gli streghi, il biscio bimbin e molti altri ancora sono entrati nel nostro immaginario popolare, per ognuno di essi viene raccontata la storia, l'origine e i miti che si sono sviluppati dietro questi personaggi, queste entità hanno influenzato la nostra fantasia facendoci viaggiare in un mondo senza tempo il cui fascino non si è mai spento. 
Gli esperti di antropologia hanno poi sempre sostenuto una correlazione fra leggenda e verità, per spiegare meglio, essi sostengono che in fondo ad ogni leggenda una base di verità esiste sempre, naturalmente il mitico buffardello non è reale, ma con ogni probabilità i danni, le carestie e gli impicci che si credeva che fossero causati da questa creatura, quelli sono veri. Il discorso sarebbe lungo e si vuole anche un po' complesso da affrontare, non basterebbe sicuramente un semplice articolo per essere esaurienti, ma però ad avvalorare ancor di più questa tesi sono le leggende che riguardano i personaggi realmente esistiti, in questo caso personaggi storici che nei secoli passati hanno vissuto o sono passati in Garfagnana. Facciamo allora un viaggio fra questi personaggi che il destino ha voluto ammantare la loro vita di un aurea leggendaria tutta garfagnina.

Annibale

Annibale, come tutti ben sappiamo, fu uno dei più abili condottieri
che la storia abbia mai avuto, riconosciuto come il più grande generale dell'antichità, famoso per le sue vittorie durante la seconda guerra punica, ma sopratutto ancor più famoso quando nel 218 a.C valicò le Alpi con ventiseimila cartaginesi e trentasette elefanti per conquistare Roma. Dopo aver valicato le Alpi, leggenda racconta che arrivò il momento di attraversare gli Appennini con questi mastodontici animali. Ma quale fu il passaggio? In quale punto degli Appennini riuscì a valicare le montagne per poi dirigersi verso Roma? Passò attraverso la Valle del Taro? Oppure scese a Lucca dal passo di Foce a Giovo? Sul nostro Appenino sono molte le località che narrano del passaggio di Annibale, tradizione vuole che ai piedi del versante nord occidentale del Monte Giovo nel tratto di sentiero che conduce alla Boccaia (Castiglione Garfagnana) si trova, in una zona sassosa formata da pietre di origine morenica, il punto in cui i cartaginesi fecero sosta con gli elefanti.

Matilde di Canossa

O meglio conosciuta come la Grancontessa o più correttamente Matilde
Matilde di Canossa
di Toscana, fu contessa, duchessa, marchesa, vicaria imperiale, nonchè vice regina d'Italia. Potente feudataria e ardente sostenitrice del papato, personaggio di primo piano assoluto specialmente in un'epoca (XI secolo) in cui le donne erano considerate di rango inferiore. Si racconta che da donna tanto potente quale fosse, ebbe l'ardire di chiedere il permesso al Papa di poter celebrare messa. Il Santo Padre non voleva naturalmente deluderla e non sapendo come fare ad uscire dall'imbarazzante situazione decise di prendere la cosa un po' per le lunghe e un giorno le disse:- Se farai costruire cento ospizi, allora potrai celebrare messa-. La contessa cominciò subito a darsi da fare, ordinò ai suoi vassalli di costruire ospizi per tutto l'Appennino. Ecco così nascere sia nel versante garfagnino e  sia in quello emiliano questi "hospitali", nati proprio per dare ospitalità (vedi la località di Ospitaletto) ai poveri viandanti. Purtroppo la contessa non potè coronare il suo sogno di celebrare messa, poichè morì dopo aver costruito il novantanovesimo ospizio.

Miglior sorte toccò ad un suo soldato. Si dice che questo soldato cantava benissimo ed allietasse molte delle serate della contessa. Un bel giorno la contessa gli chiese cosa desiderasse per ricompensare i suoi servigi di soldato e di cantante. Il soldato chiese allora delle terre in Garfagnana, la contessa era molto riluttante di fronte a questa richiesta, decise comunque di proporgli un patto e così gli disse:- Se riuscirai a raggiungere una vetta delle Apuane e da li a far sentire la tua voce alla gente e fin dove il tuo canto sarà udito, ti concederò le mie terre- Di buon mattino il soldato salì sulla montagna e cominciò a cantare, la sua voce rimbalzò da valle in valle, la contessa fu così costretta a cedere al soldato tutte le terre fin dove era stato udito il suo canto.

Ludovico Ariosto

Le leggende sull'Ariosto sono molteplici. L'Ariosto fu governatore
estense in Garfagnana per tre anni (1522-1525), la poesia e le odi nella nostra valle se le era dimenticate, il suo compito era combattere le orde di briganti che infestavano le selve.
Infatti un giorno mentre ispezionava con i suoi soldati i boschi delle Apuane settentrionali a caccia di questi ribaldi, i ribaldi stessi lo sorpresero e lo catturarono, lo condussero all'ingresso di una grotta e li lo legarono ad un albero e mentre proprio un brigante lo legava a questo albero, uno dei banditi cominciò a recitare versi del poema dell'Ariosto, storpiandoli a più non posso; il poeta all'udire tale obbrobrio intervenne subito, recitandoli con passione e sentimento, dimostrando così di essere l'autore che aveva composto i magnifici versi. Con stupore ed ammirazione i briganti liberarono il prigioniero e lo invitarono a declamare i versi de "L'Orlando Furioso", tale e tanto fu lo spettacolo che i banditi rilasciarono l'Ariosto con la promessa di non importunarlo mai più.

C'era un tale conosciuto con il soprannome di "Pretaccio". Era un uomo che non badava troppo per il sottile, era un losco faccendiere che commerciava a cavallo dell'Appennino. Aveva ottenuto in promessa sposa una giovane castelnuovese di buona famiglia. A pochi giorni dalla nozze, la ragazza si pentì e fuggì nel convento delle suore a Barga. Lo smacco per il "Pretaccio" fu grande, così si mosse verso Barga con cinquanta uomini per riprendersi la donzella. Detto fatto invase così le proprietà del monastero, dichiarando che non si sarebbe mosso di li finchè la promessa sposa non sarebbe tornata fra le sue braccia. La questione giunse all orecchio di Ludovico Ariosto, attraverso i suoi buoni uffici convinse il "Pretaccio" a desistere e a tornare a Castelnuovo.

I Conti di Gragna e i nobili di Dalli 

I conti di Gragna erano una potente famiglia feudale del XII secolo
da sempre in lotta con i feudi vicini, il suo castello era proprio dove oggi c'è la località di Gragna, vicino Ponteccio (Sillano). Nonostante le liti e le guerre continue con le consorterie vicine i nemici per eccellenza dei conti di Gragna erano i nobili di Dalli. Tra i conti di Gragna e i nobili di Dalli era una continua guerra, fra le più sanguinarie che la Garfagnana ricordi, si racconta di catapulte che lanciavano pietre da Gragna verso Dalli e si racconta di una battaglia epica; si narra che tanto fu il sangue versato che i sassi si tinsero di rosso, l'erba seccò e per anni e anni non crebbe più rigogliosa. Durante queste guerre naturalmente una delle prime cose da fare era proteggere il tesoro della casata e proprio sotto il castello il conte di Gragna aveva fatto costruire un cunicolo, dove si racconta che ancora oggi è sepolto il tesoro, protetto però da un mostruoso serpente.

Il bandito Cesare   

Il bandito Cesare era uno fra i tanti manigoldi che infestava la
Garfagnana in epoca rinascimentale. Questo malfattore non è sicuramente fra i più famosi che la Garfagnana ricordi, ma su di lui la leggenda ha posato i suoi occhi. Anno di grazia 1541, il bandito Cesare era ormai accerchiato dalle guardie, le vie di fuga erano rimaste ben poche, non rimase altro che rifugiarsi nella casa del rettore della chiesa di Vergemoli, insieme ad altri suoi sei compagni. Qui rimase sotto assedio per alcuni giorni, fino al momento in cui le guardie decisero di passare ad un deciso contrattacco. La casa era ormai circondata dalle guardie, le urla dei soldati invitavano i banditi ad uscire, se non fossero usciti le guardie avrebbero appiccato il fuoco alla casa. I briganti non si fecero spaventare e così si affacciarono alle finestre, cominciò un violento scontro a fuoco. La situazione era diventata tragica, al comandante delle guardie non rimase che una soluzione, trattare con i briganti. Se il brigante Cesare si fosse fatto arrestare i suoi compagni sarebbero stati liberi. Così i compagni tradirono Cesare che fu consegnato alle guardie, ma anch'essi a loro volta furono traditi dalle guardie che ben presto le legarono come salami e le condussero nelle prigioni di Barga. Non soddisfatte le guardie misero a fuoco anche la casa del rettore. Ci sono delle sere che quando il vento soffia forte si odono ancora le grida disperate, le parolacce e le maledizioni dei poveri diavoli che furono portati in prigione ed ancora si passa malvolentieri dov'era quella casa, si dice che mani invisibili bussano ancora alle porte in cerca di briganti.

"Cos’è la storia, dopo tutto? La storia sono fatti che finiscono col diventare leggenda; le leggende sono bugie che finiscono col diventare storia".
(Jean Cocteau)


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