"Nonostante la guerra e le distruzioni anche noi ragazzi come quelli
di oggi avevamo i nostri sogni e i nostri eroi, le femminucce avevano come idoli gli attori come Gregory Peck o l'italiano Amedeo Nazzari, per noi bimbetti, i nostri modelli da imitare erano i calciatori, al tempo i Ronaldo,i Messi, non erano neanche nei pensieri della "su mamma", dato che nemmeno la loro mamma era nata... i nostri eroi si chiamavano Piola, Mazzola, Meazza e la squadra più forte di tutte... macchè Juventus !!!...era il Torino!... Ti devo dire di più, in quegli anni (n.d.r: anni 40) il calcio non fu solo passione e divertimento, in quegli anni per noi ragazzi fu un modo di fuggire dalla realtà della guerra, un modo per estraniarsi dalle crudeltà che stavano succedendo in ogni dove...tornare poi a casa e vedere la propria madre piangere perchè bisognava fuggire da casa, sfollare, andare chissà dove, abbandonare i nonni al loro destino perchè troppo anziani per fuggire, lasciava nel mio cuore un dolore enorme
che dimenticavo solamente quando correvo dietro ad un pallone..."
Questa è la storia di Joe Rinaldi, nato in località la Barca vicino a Gallicano, ed emigrato negli Stati Uniti negli anni '50 del '900 e oggi pensionato felice dopo 45 anni di lavoro nella mitica Union Pacific Railroad (ferrovia U.S.A). La storia di questo arzillo novantenne garfagnino mi è arrivata via e-mail dai suoi figli. La storia di Giovanni (oggi Joe), come tante storie di emigranti è interessantissima, si narrano le mille peripezie fatte per farsi una posizione sociale degna di tale nome, si racconta ancora della fame patita prima di trovare un lavoro... ma io leggendo queste vicende non sono rimasto particolarmente attratto da quello che gli era capitato negli States, ma mi interessava molto di più un brano di questa mail dove raccontava della sua grossa passione per il calcio e..."di partite di pallone nella piana di Mologno contro i soldati tedeschi..."
Come? Mi sono domandato, ho capito bene? Ed ecco ritornarmi alla mente la celeberrima "partita di Natale": 25 dicembre 1914, I guerra mondiale, inglesi e tedeschi uscirono dalle trincee e in un segno di fratellanza ormai persa cominciarono a giocare a calcio, facendo così tacere i fucili per un giorno e ancora come dimenticarsi il bellissimo film "Fuga per la vittoria", che ha come attori calciatori veri come Pelè, Ardiles e Bobby Moore? La storia fu presa da un fatto realmente accaduto, conosciuto meglio con l'appellativo di "partita della morte", giocata fra ufficiali tedeschi e prigionieri ucraini, ed ecco allora che queste partite nella piana di Mologno hanno stimolato il mio interesse e riportato Joe ai giorni memorabili di quella lontana estate del 1944.
"Eravamo sempre i soliti, io, il Mario, il Beppe, il Luciano e il
Franco. La mattina ci sbrigavamo tutti e cinque a fare i lavori nei campi, tagliare il fieno e dare da mangiare alle bestie che avevamo nascosto per non farle trovare ai tedeschi o ai partigiani che sicuramente ce le avrebbero requisite, poi fatto quello che c'era da fare ci davamo appuntamento al fiume...per fare una cosa proibitissima dai nostri genitori...giocare a calcio. La proibizione veniva dal fatto che giocando a pallone c'era il rischio di potersi far male, se mi fossi fatto male chi avrebbe aiutato in tutti i lavori agricoli il babbo? Quanto sarebbe costato ai miei genitori farmi medicare? Per di più con la guerra in atto medicine non se ne trovavano e poi un cosa sarebbe stato farsi male mentre lavoravo o facevo qualcosa di produttivo e un'altra cosa sarebbe stato farselo per il semplice gusto di giocare. Ma la passione che avevamo per il calcio era superiore a qualsiasi pericolo, così in un campetto al di là del fiume fra Vizzano e Mologno inscenavano le nostre partite. Dentro
una buca avevamo nascosto anche il nostro pallone che era una vera e propria meraviglia, era una palla fatta con i "cenci" dismessi di casa, una pezza l'avevo portata io, l'altra il Mario, insomma ognuno aveva contribuito a fare il nostro pallone, fatto di stoffa "appallottolata" e legata insieme con un filo, il tocco in più a fare si che somigliasse ancora di più ad una vera palla l'avevamo dato con il grasso di maiale rubato a casa, si perchè una volta fatta la palla l'avevamo tutta cosparsa con il grasso, in modo che le pezze di stoffa rimanessero rigide, così non si sarebbero sfilacciate; il più era quindi fatto, per cominciare una partita a quel punto bastava poco, infatti la porta era fatta con due bastoni che fungevano da pali e siccome eravamo in dispari uno a turno stava in porta e gli altri quattro facevano la partita due contro due, non vi immaginate il divertimento, la spensieratezza, intorno a me non vedevo le nostre montagne ma vedevo spalti festanti a ogni mio gol, addosso non mi vedevo la pesante
canottiera, ma mi vedevo la bella maglia granata del Torino. Finito di giocare però si tornava alla dura realtà e il rituale era sempre il solito: un bel bagno rinfrescante nel fiume e poi di corsa a casa zitti, zitti. Un bel giorno durante una di queste partite, il pallone rotolò in una"scarpatella" arrivando quasi sul greto del fiume, mi apprestai di corsa per recuperare la palla, appena allungai le braccia per afferrarla rimasi di ghiaccio, era stata fermata da un mitra e da un elmetto tedesco, che erano li depositati a terra...alzai gli occhi e vidi un soldato che si stava bagnando i piedi nel fiume, girai lo sguardo e sotto una frasca ce n'erano altri quattro...è la fine pensai! Presi la palla facendo finta di niente e mi incamminai per tornare dai miei amici, appena fatti tre passi una frase in tedesco secca e perentoria mi gelò il sangue
nelle vene, in men che non si dica i cinque tedeschi si erano già alzati, ricomposti e imbracciato i mitra, nei loro occhi notai la stessa mia paura, io non sapevo le loro intenzioni e d'altronde nemmeno loro sapevano chi eravamo, mi accompagnarono per quei trenta lunghi metri che mi distanziavano dal campetto e dai miei cinque amici, che appena videro la scena caddero a terra a piangere. I soldati non parlavano una parola di italiano, ma già avevamo capito che volevano comprendere chi eravamo e perchè eravamo li, insomma cercavamo di spiegarci a gesti o come si poteva meglio fare, poi ad un certo punto il Beppe fece un gesto che aprì le porte ad una totale serenità, di colpo prese la palla e con un calcio la tirò verso la porta, dopodichè esultò come facevano i grandi campioni del tempo, da li un tedesco prese la palla e fece cenno ad un mio compagno di andare in porta, in men che non si dica ci ritrovammo cinque contro cinque in un epica partita Italia -Germania.I nazisti si levarono il pesante giaccone, si misero in canottiera, l'altra porta la fecero loro, al posto dei pali avevamo messo due elmetti, la partita cominciò , noi eravamo un po' titubanti, ma man mano che i minuti passavano non esistevano più tedeschi, americani, francesi o
qualsivoglia soldato, ci stavamo divertendo tutti e dieci come dei matti, quei soldati poi in fin dei conti erano poco più grandi di noi, loro avranno avuto una ventina di anni, noi quattordici, quindici e sedici anni. Alla fine dell'incontro (che purtroppo perdemmo) ci salutammo con pacche sulle spalle e ognuno tornò da dove era venuto. Qualche giorno dopo si ripresentò l'occasione di tornare a giocare a calcio e ci trovammo con i miei compagni di gioco al solito posto, arrivati al campetto con grande sorpresa ritrovammo i soliti soldati che ci stavano aspettando per giocare, uno di loro batteva il dito indice sul polso ad indicare che eravamo in ritardo, ben presto tirammo fuori la palla di cencio e via un'altra partita, loro però giocavano con gli scarponi e noi con gli "scappini" (n.d.r:zoccoletti di legno)e in effetti la cosa era impari, da una parte loro con gli scarponi ci pestavano senza volerlo i piedi e dall'altra il loro portiere giocava con l'elmetto, perchè quando si calciava il pallone spesso partiva lo zoccolo, per farla breve trovammo l'accordo, si giocava tutti a piedi nudi. Era
molto bello perchè il calcio aveva buttato giù la barriera che idealmente ci divideva, anzi il gioco ci aveva uniti in una vera amicizia. Questi soldati da quel poco che si capiva venivano da Gallicano e anche loro scappavano per giocare a calcio, mentre noi fuggivamo all'insaputa dei nostri genitori, essi da quella del loro comandante, questo ci rendeva ancora di più amici e complici. Non mi ricordo quanti giorni durarono queste partite, sicuramente qualche settimana, ricordo ancora che a ogni partita c'era in palio un premio che loro portavano, quando una cioccolata, quando un pezzo di pane, quando qualche scatoletta... ma alla fine che si vincesse o si perdesse il premio ci veniva sempre lasciato... Un brutto pomeriggio tutto cambiò. La partita che stavamo giocando insieme agli amici tedeschi era in pieno svolgimento, ad un tratto dalle piante che davano verso Mologno ecco una decina di nazisti con a capo un comandante... non ti dico le urla di questo comandante che inveiva contro i nostri amici; il piccolo plotone prese a calci le porte, gli elmetti e i giacconi dei giocatori tedeschi, noi eravamo impietriti ... che succederà?... una raffica di mitra ci fece scappare come il vento... un soldato aveva sparato in aria proprio con l'intento farci fuggire. Quel giorno li finirono per sempre gli incontri internazionali fra Italia e Germania. Un bieco ufficiale tedesco aveva interrotto per sempre un bella amicizia...da grande poi sono riuscito a capire ancor di più l'intervento di quel plotone in quel maledetto giorno, la spietata logica della guerra aveva i suoi perchè, fraternizzare con "il
nemico" avrebbe voluto dire avere pietà, comprensione e questo non era permesso dalle leggi non scritte della guerra. Nei giorni seguenti tornammo al campo, la palla era sparita, non so che fine abbia fatto, sperai solo che un nostro amico tedesco l'abbia portata via come ricordo. Quello che mi rimase di quella lunga estate fu il gesto di quei cinque soldati, un atto di libertà, di unione che solo lo sport in ogni sua forma ha sempre trasmesso e voluto insegnare".
La partita di Natale del 1914 |
La mitica rovesciata di Piola |
Questa è la storia di Joe Rinaldi, nato in località la Barca vicino a Gallicano, ed emigrato negli Stati Uniti negli anni '50 del '900 e oggi pensionato felice dopo 45 anni di lavoro nella mitica Union Pacific Railroad (ferrovia U.S.A). La storia di questo arzillo novantenne garfagnino mi è arrivata via e-mail dai suoi figli. La storia di Giovanni (oggi Joe), come tante storie di emigranti è interessantissima, si narrano le mille peripezie fatte per farsi una posizione sociale degna di tale nome, si racconta ancora della fame patita prima di trovare un lavoro... ma io leggendo queste vicende non sono rimasto particolarmente attratto da quello che gli era capitato negli States, ma mi interessava molto di più un brano di questa mail dove raccontava della sua grossa passione per il calcio e..."di partite di pallone nella piana di Mologno contro i soldati tedeschi..."
Un'immagine del film "Fuga per la vittoria nella foto Ardiles, Stallone, Pelè, Moore |
"Eravamo sempre i soliti, io, il Mario, il Beppe, il Luciano e il
La Barca (Gallicano) luogo di origine di Joe |
una buca avevamo nascosto anche il nostro pallone che era una vera e propria meraviglia, era una palla fatta con i "cenci" dismessi di casa, una pezza l'avevo portata io, l'altra il Mario, insomma ognuno aveva contribuito a fare il nostro pallone, fatto di stoffa "appallottolata" e legata insieme con un filo, il tocco in più a fare si che somigliasse ancora di più ad una vera palla l'avevamo dato con il grasso di maiale rubato a casa, si perchè una volta fatta la palla l'avevamo tutta cosparsa con il grasso, in modo che le pezze di stoffa rimanessero rigide, così non si sarebbero sfilacciate; il più era quindi fatto, per cominciare una partita a quel punto bastava poco, infatti la porta era fatta con due bastoni che fungevano da pali e siccome eravamo in dispari uno a turno stava in porta e gli altri quattro facevano la partita due contro due, non vi immaginate il divertimento, la spensieratezza, intorno a me non vedevo le nostre montagne ma vedevo spalti festanti a ogni mio gol, addosso non mi vedevo la pesante
Torino stagione 1943-1944 |
Soldati tedeschi |
Foto tratte da La partita del Natale 1914 |
molto bello perchè il calcio aveva buttato giù la barriera che idealmente ci divideva, anzi il gioco ci aveva uniti in una vera amicizia. Questi soldati da quel poco che si capiva venivano da Gallicano e anche loro scappavano per giocare a calcio, mentre noi fuggivamo all'insaputa dei nostri genitori, essi da quella del loro comandante, questo ci rendeva ancora di più amici e complici. Non mi ricordo quanti giorni durarono queste partite, sicuramente qualche settimana, ricordo ancora che a ogni partita c'era in palio un premio che loro portavano, quando una cioccolata, quando un pezzo di pane, quando qualche scatoletta... ma alla fine che si vincesse o si perdesse il premio ci veniva sempre lasciato... Un brutto pomeriggio tutto cambiò. La partita che stavamo giocando insieme agli amici tedeschi era in pieno svolgimento, ad un tratto dalle piante che davano verso Mologno ecco una decina di nazisti con a capo un comandante... non ti dico le urla di questo comandante che inveiva contro i nostri amici; il piccolo plotone prese a calci le porte, gli elmetti e i giacconi dei giocatori tedeschi, noi eravamo impietriti ... che succederà?... una raffica di mitra ci fece scappare come il vento... un soldato aveva sparato in aria proprio con l'intento farci fuggire. Quel giorno li finirono per sempre gli incontri internazionali fra Italia e Germania. Un bieco ufficiale tedesco aveva interrotto per sempre un bella amicizia...da grande poi sono riuscito a capire ancor di più l'intervento di quel plotone in quel maledetto giorno, la spietata logica della guerra aveva i suoi perchè, fraternizzare con "il
Il monumento che ricorda la mitica partita di quel lontano Natale 1914 |
- Special thanks to Joe for his beautiful testimony (june 2019 Maine, U.S.A)