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La Storia nel piatto... Polenta e ossi e la sua presunta origine

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Di soppiatto, piano, piano, un po' alla volta ma finalmente è
arrivato... Alcuni dicevano che quest'anno avrebbe saltato il suo appuntamento con tutti noi. Invece l'autunno come sempre è giunto con tutte le sue immancabili caratteristiche. I colori ad esempio: giallo. arancione, marrone, la fastidiosa ed indispensabile pioggia, le corte giornate... Ma l'autunno non è solo questo. L'autunno è fatto soprattutto di sapori, di cibi, di ricette uniche ed inconfondibili. I funghi, l'uva, la zucca, i cachi, le pere, le nocciole, insomma, questi sono solo alcuni prodotti autunnali con cui possiamo sbizzarrirci per fare mille e mille leccornie. Ma fra tutti questi, in Garfagnana il prodotto principe è uno solo: la castagna. Naturalmente di ricette con le castagne e principalmente di quelle fatte con la sua farina ne conosciamo a bizzeffe: il succulento castagnaccio, gli stuzzicanti necci, i gustosi manafregoli e chi più ne ha più ne metta. Eppure, in maniera particolare,  fra tutte queste preparazioni ne spicca una che con il suo contrasto dolce-salato rende questo piatto unico. Polenta e ossi infatti è una ricetta particolare, poichè il gusto dolce della polenta di castagne e il salato della carne attaccata alle ossa del maiale, rende il tutto un matrimonio culinario originale e 
Necci
straordinario. Questo 
 piatto oggi come oggi, nonostante che sia considerato un "piatto povero" e perciò nato dalla miseria e dall'arte "del non si butta via niente", è annoverato come una specialità, talvolta servita in maniera "glamour" in rinomati ristoranti. Tuttavia quello che è importante sottolineare e ribadire nuovamente che questa come altre ricette vedono la loro origine nella povertà che attanagliava la Garfagnana  nei tempi andati. Le castagne abbondavano, e almeno la farina non mancava, così come nelle case contadine non mancava nemmeno il maiale, che una volta ucciso e spolpate le sue ossa dalla prelibata carne, queste non venivano buttate via, tutt'altro, venivano conservate e riposte in un largo recipiente con l'aggiunta di rosmarino, un pizzico di cannella e pepe. Dopo che erano passate alcune ore e dopo averli rotolati nel sale grosso, sempre in un recipiente venivano sistemate a strati,  fatto questo ogni strato a sua volta veniva ricoperto di sale e venivano fatti riposare per dieci giorni in un luogo fresco ed asciutto. Solitamente le parti del maiale preferibili per questa ricetta erano e sono gli ossi della bistecca, del petto e gli zampucci con abbastanza carne attaccata. Passati questi fatidici dieci giorni venivano poi lavati dal sale con acqua corrente e messi a bollire in abbondante acqua per più di due ore. A cottura ultimata venivano portati in tavola e serviti con
le ossa del maiale
fumante polenta di neccio. Insomma, una ricetta tipica garfagnina, ma che... a quanto pare, da un punto di vista geografico propriamente garfagnina non è, così come oggi intendiamo i confini della nostra valle. In ogni caso, bando a campanilismi e diatribe varie, mi è d'uopo dire e sottolineare, prima di addentrarmi nel tema, che ai tempi della possibile "primogenitura" della ricetta, cioè intorno al XIV secolo, per Garfagnana s'intendevano tutti quei territori a nord della Val di Lima e quindi a buon titolo rientravano anche Coreglia e Barga. Si, perchè a quanto pare tale squisitezza sembra nata proprio a Barga. Tale ipotesi, almeno a quanto io sappia, non è avvalorata da nessun documento, quindi prove a sostegno di tale tesi non esistono, però rimane il fatto che la vulgata nei secoli diffuse questa conoscenza e siccome "vox populi, vox Dei", un fondamento di verità probabilmente ci sarà. Fatto sta che i destini di questa ricetta sono legati ad una morte. Tutto infatti cominciò di lì. Anno di Grazia 1328 in data 3 settembre Castruccio Castracani degli Antelminelli morì per un'improvvisa febbre malarica. Per chi non lo sapesse il Castracani fu uno dei condottieri più valorosi d'Italia. Nel tempo, attraverso 
Castruccio Castracani
le sue conquiste, diventò Signore di Carrara, Lerici, Pisa, Pistoia, Pontremoli e Sarzana, nonchè Gonfaloniere del Sacro Romano Impero e soprattutto divenne Duca di Lucca, sua città natale. Era infatti il 1316 quando si sostituì come Signore di Lucca al già Signore di Pisa Uguccione della Faggiola. Fra i possedimenti di Lucca c'era anche Barga e proprio con Castruccio Castracani Barga tornò ad essere un'importante Vicaria. Il nuovo signore e padrone riedificò quelle stesse mura distrutte dagli stessi lucchesi anni prima (1298) per questioni di contrabbando e di commercio con Firenze, e proprio anche quel commercio, che per lunghi anni era venuto meno riprese vigore. C'è da dire però che 
i barghigiani non vedevano di buon occhio i lucchesi, con gli anni che passavano tolleravano appena la sudditanza a Lucca, dall'altra parte però ben si guardavano di ribellarsi nuovamente alla città delle mura, poichè proprio il Castracani, fra le altre cose era noto anche per la sua spietatezza e crudeltà. Tutto però cambiò quel suddetto 3 settembre 1328 quando il condottiero lucchese morì. I barghigiani allora presero coraggio e nel 1331 in men che non si dica si dichiararono volontariamente sudditi di Firenze. Lucca dopo la morte del suo Signore era ormai allo sfascio, venne più e più volte venduta, fino a che nel 1341 i fiorentini l'acquistarono definitivamente per ben 100 mila fiorini d'oro. Il resto delle Signorie locali però non volle rimanere inerme di fronte a questi accordi e Pisa gelosa e spaventata dell'ingrandimento di Firenze invase tutte quelle terre già acquistate dalla città del giglio, Barga compresa. In quattro e quattr'otto le Vicarie di Coreglia e di Castiglione caddero nelle 
Barga nel 1500
mani pisane, mentre per l'ostinata Barga cominciò un lungo assedio. Abbiamo visto nei film e nei libri quanto può durare un'assedio: giorni, mesi, addirittura anche anni. L'assedio mira allo sfinimento della popolazione, l'esercito che circonda le mura conta proprio ad indebolire gli assediati, a non fargli avere comunicazione con l'esterno, puntando più di ogni altra cosa a non far
 pervenire mezzi e soprattutto cibo e così fu anche per Barga. Erano passati mesi e ormai le riserve di cibo si stavano esaurendo. Qualcuno attanagliato dai morsi della fame aveva proposto di cedere ai pisani, di aprire le porte del castello, in questo modo almeno le donne e i bambini si sarebbero salvati dall'inedia. D'altronde gli abitanti di Barga avevano mangiato tutto il commestibile, dalle bacche, alle erbe di campo, ai frutti più strani ed impensabili. Ciò che si poteva arrostire era stato arrostito: polli, conigli, uccelli e maiali...  Proprio di quei maiali erano rimaste le sole misere ossa con dei rimasugli di carne attaccata. Ad ogni buon conto, come ben si sa, la necessità talvolta porta all'ingegno e taluni pensarono al modo di preservare queste ossa. L'unica maniera per conservarle sarebbe stata quelle di metterle sotto sale, il sale è un conservante, in questo maniera ci sarebbe stata anche una riserva di cibo per i giorni a venire. Inoltre quello che non mancava in casa era la farina di castagne, tutti ne avevano, chi più o chi meno,
Farina di castagne
oltretutto quella era una vivanda che dava nutrimento e forza. Pertanto dopo alcuni giorni si cercò la maniera di cucinare queste ossa avanzate. Furono messe così a bollire in grossi paioli, mentre in altri misero al fuoco la farina di castagne. Il connubio fu molto gradito e più che altro servì a salvare la pelle ai barghigiani, tanto è vero che ciò permise alla popolazione di resistere all'assedio (e alla fame) alcuni giorni in più, dando  modo ai fiorentini di giungere finalmente a Barga e di sconfiggere i pisani, liberando dall'accerchiamento Barga. Insomma, a quanto pare, fra leggenda e storia vera questa è la genesi del piatto. Che dire... verosimilmente un fondo di autenticità ci sarà, niente nasce dal caso. Comunque sia da qui in avanti quando mangeremo questo tradizionale piatto lo guarderemo con occhi diversi, saremo così consapevoli che dietro ogni pietanza la storia con la esse maiuscola potrebbe aver messo il proprio sigillo. 


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