E' bene essere subito chiari, tutte le teorie che il mio caro
lettore leggerà in questo articolo saranno frutto di supposizioni, ipotesi e presupposizioni. Niente di quello che leggerete è avvalorato da fonti storiche certe o da documenti che convalidino le tesi in questione. Spieghiamo meglio però. In Italia e in tutto il mondo in genere esistono luoghi dove sono accaduti fatti storici di una certa rilevanza di cui però non si conosce l'esatta ubicazione, fattostà che di questi accadimenti, in mancanza di fonti certe, un po' tutti cercano di accaparrarsi la teoria di questo o quello studioso per determinare che lì, in quella precisa zona è accaduto questo o quel fatto. Di solito(quasi sempre direi) succede per avvenimenti storici antichissimi e nella Valle del Serchio di questi casi ne abbiamo addirittura due. Di uno ebbi già occasione di raccontare e narrava le vicende riguardanti la clamorosa sconfitta nel 186 a.C di Quinto Marcio Filippo e delle sue legioni romane contro gli indomiti Apuani. La scontro passò alla storia come la battaglia del "Saltus Marcius". Ma questo "Saltus Marcius" dov'era? Alcuni storici sostenevano che si trovasse in Versilia nei pressi di Pontestazzemese, altri dicevano che in realtà poteva essere proprio a Marciaso (frazione del comune di Fosdinovo), altri ancora invece asserivano che il fattaccio accadde al "Marcione", località poco distante da Castiglione Garfagnana. Insomma, come vedete siamo proprio nel campo delle più svariate congetture, questo però non vuol dire che una delle teorie presupposte sia errata, ci mancherebbe altro, perciò anche le opinioni sull'impresa che andrò a raccontarvi meritano di essere esposte, poichè, anche se non certe, qualche studioso prima di me ha creduto che quella fosse la cosa giusta da asserire. La storia in questione tira in ballo nientepopodimeno che Annibale Barca, il condottiero cartaginese (definito da molti "il più grande generale dell'antichità") e l'ormai celeberrima spedizione di guerra che vide marciare verso Roma centomila soldati e trentasette elefanti. Ebbene, a tutti è noto il fatto dell'attraversamento delle Alpi da parte di Annibale, ma quando al valoroso, nonchè (sottolineerei) coraggioso condottiero gli toccò oltrepassare gli Appennini, da dove passò? Ecco qua che indirettamente, o forse direttamente, entrare in ballo la Valle del Serchio. Prima però di affrontare "il giallo" dell'attraversamento appenninico di Annibale e del suo elefante è doveroso illustrare brevemente l'antefatto che portò il cartaginese ad affrontare questa epica impresa. Quando (tanto tempo fa...) frequentavo la scuola, studiare le guerre puniche era di una noia unica, sarà stato perchè la voglia di applicarsi era poca e forse anche perchè tali vicende erano esposte in qualche maniera dal professore di turno, fattostà che rileggendo oggi quei fatti tutto assume un altro sapore e unaltro interesse. Eravamo infatti nel maggio dell'anno 218 a.C quando proprio agli inizi della seconda guerra punica Annibale lasciò la penisola iberica per puntare direttamente su Roma con 90.000 fanti, 12.000 cavalieri e 37 elefanti. Le cause belliche che spinsero a questa ardita guerra furono essenzialmente tre: lo spirito di rivalsa del padre di Annibale, che da bambino gli aveva fatto giurare di fronte agli Dei odio eterno a Roma, l'onta subita dai cartaginesi per la perdita della Sardegna e della Corsica e l'esaltazione per i numerosi successi in terra iberica delle armate africane. In ogni caso l'attraversamento delle Alpi avvenne verso la fine del 218 a.C; il freddo e la fatica però si fecero sentire penalizzando fortemente uomini e animali, nonostante tutto e con mille sforzi gli indomiti guerrieri raggiunsero la Pianura Padana prima che le nevi bloccassero i passi. Annibale arrivò così in Italia dopo una ventina di giorni di aspri combattimenti con le popolazioni montanare, il risultato di tutto questo tribolo fu pagato a caro prezzo, dato che gli rimasero a sua disposizione "solo" 20.000 fanti e 6.000 cavalieri, con questi uomini nella primavera del 217 a.C il condottiero cartaginese decise malgrado ciò di continuare la spedizione. Oramai però di quei 37 elefanti da guerra il rigido inverno ne aveva uccisi 36 e quando fu deciso di valicare gli Appennini un solo elefante era rimasto vivo, l'animale si chiamava "Surus" ed era l'elefante personale di
Annibale, il povero bestione anch'esso provato morì (come ricordò lo storico greco Polibio) proprio nel discendere queste montagne. In conclusione le perdite subite furono molte per l'esercito cartaginese, bisognava quindi oltrepassare l'Appennino nella maniera più indolore possibile. La scelta del luogo diventava quindi fondamentale per le sorti belliche. Questo fantomatico posto nei millenni e nei secoli che trascorrevano ha colpito molto l'immaginario collettivo, basta vedere solamente la toponomastica italiana, la penisola italiana è piena di ponti di Annibale, passi di Annibale e strade di Annibale, quasi come se ognuno volesse far parte di quella leggendaria impresa, rimane il fatto che sapere da dove i cartaginesi oltrepassarono l'Appennino (e anche le Alpi) rimane un mistero. Di ipotesi accreditabili ce ne sono alcune: una vuole che questo esercito fosse sceso dal Mugello e che avesse attraversato il fiume Sieve, un'altra dice che il passo di Collina presso Porretta fosse il posto giusto, di li raggiungere la piana pistoiese sarebbe stato piuttosto agevole, le altre due tirano in ballo anche le nostre terre. Ci sono infatti studiosi che indicano Foce a Giovo come luogo esatto, di li l'esercito sarebbe sceso nel fondovalle della Valle del Serchio e avrebbe raggiunto Lucca. La più accredita fra queste eventualità rimane però la località oggi propriamente conosciuta come "Passo D'Annibale", il valico a quei tempi era un passaggio già conosciuto e rodato dalle popolazioni
locali, in più questo cammino offriva alternative viarie diverse e di difficile individuazione da parte di eventuali nemici e in effetti ancora oggi è così, questo passaggio ai giorni nostri è meta di escursionisti e amanti della montagna, si trova a 1798 metri d'altezza e collega le provincie di Modena e Pistoia, da li si domina tutta la Val di Luce, la vista è mozzafiato, si può ammirare il Monte Rondinaio e il Monte Giovo, da qui si diramano una moltitudine di sentieri e uno di questi porta proprio a Foce a Giovo, chissà forse fu da quel punto che Annibale raggiunse Foce a Giovo per scendere poi fino Lucca, o magari è possibile anche che di lì abbia raggiunto altresì la Val di Lima, o come è stato ribadito è probabile che si fossero scelte altre strade alternative. Quello che è certo che la primavera di quell’anno fu particolarmente fredda e piovosa e la traversata dell’Appennino fu drammatica, quasi quanto quella alpina. Come narra Tito Livio (n.d.r: storico romano), ci fu un primo tentativo fallito per le terribili condizioni atmosferiche che costrinsero il condottiero a ritornare indietro con il suo esercito. Il fatto incontestabile è anche un altro e ce lo descrive ancora Tito Livio e dice che una volta discesi gli Appennini "il punico" si trovò davanti a sè un altro ostacolo: il fiume Arno ("fluvius Arnus per eos dies solito magis inundaverat"), il fiume tanto caro a Firenze era straripato, bloccando così la strada da percorrere, malgrado ciò il suo esercito non potè invertire la marcia, dato che il cammino in quel tratto d'Arno era troppo stretto per far mutare "rotta" a ventimila soldati. Anche su questo particolare evento rimane però un alone di mistero, capire in quale punto fosse esondato l'Arno avrebbe potuto aiutare a comprendere da quale zona delle montagne
appenniniche i cartaginesi sarebbero eventualmente discesi, ma purtroppo anche questo non c'è dato da sapere. Tuttavia in tutto questo bisogna considerare che le varianti possibili per individuare il luogo esatto sono molte, conoscendo le indubbie qualità strategiche di Annibale che analizzava ogni cosa c'è da chiedersi quali strategie poteva aver adottato per valicare in tutta sicurezza l'Appennino? Sicuramente nell'ozio dei campi invernali dell'Emilia nell'attesa della primavera Annibale inviò in Toscana delle pattuglie a cercare le vie migliori per scegliere l'opzione più consona al suo cammino verso sud. Quello che è certo che furono scartate come possibilità di attraversamento i passi appenninici nei pressi di Arezzo e Rimini, più facili da attraversare vista la conformazione del territorio, ma per questo ben vigilati dalle legioni romane. Si può comunque dire che Annibale prima di partire per l'impresa, conosceva già perfettamente la situazione viaria per valicare il nostro Appennino. Certamente sapeva anche quali fossero le vie presidiate dai Romani e quali no. E in base anche a questa certezza l'attraversamento della Garfagnana dai suoi passi appenninici fu presa in considerazione? Io direi proprio di si, con ogni probabilità la Garfagnana fu presa in considerazione per questa ardimentosa operazione militare, il perchè è presto detto. Sappiamo che in questa seconda guerra punica i Galli e altre popolazioni del nord aderirono quasi in massa all'esercito cartaginese e fra loro c'erano anche i nostri lontani avi: i Liguri Apuani. Ad onor del vero molti di loro parteciparono come mercenari e altri ancora proprio come guide, assunte specificatamente per attraversare l'impervie montagne, è
plausibile poi che queste guide abbiano proposto ad Annibale la sua discesa nell'attuale Garfagnana. Gli Apuani vista la loro alleanza con i cartaginesi gli avrebbero garantito di passare nei propri territori in maniera indenne, visto che queste zone (in quel momento) erano libere da infiltrazioni romane, da lì raggiungere l'Arno (forse) presso Pisa sarebbe stato poi un gioco da ragazzi. Allora dove fu l'inghippo? Probabilmente l'inghippo fu puramente strategico, bisognava che questa marcia di valico fosse la più rapida possibile, appena fosse stata svelata la direzione da intraprendere bisognava fare questo viaggio in maniera velocissima, in tale modo il nemico non avrebbe avuto il tempo di organizzarsi e muovere contro lo stesso Annibale, per fare questo il tempo concesso era al massimo quattro giorni, in quei termini la missione doveva essere compiuta, infatti Tito Livio ricorda che i militari cartaginesi per attraversare l'Appennino marciarono di notte e in maniera celere: "le veglie sopportate quattro giorni e tre notti". La struttura del territorio garfagnino però non lo avrebbe permesso, considerando che quella stessa struttura territoriale che faceva da difesa per gli Apuani, per i cartaginesi sarebbe diventato un ostacolo insormontabile: le aspre montagne, le gole, i dirupi e l'assenza di strade ben marcate avrebbe fatto si che passare con un tale esercito ed un elefante in quelle zone sarebbe stato un compito praticamente impossibile da affrontare. Come poi andò a finire la storia lo sappiamo tutti. La seconda guerra punica durò ben 15 anni (218 a.C- 202 a.C), Annibale non raggiunse mai Roma, in quegli anni le sue scorribande colpirono in tutto il centro e sud Italia e nell'autunno del 203 a.C il senato cartaginese, sotto la pressione dell'invasione di Scipione, diede ordine ad
Annibale d'imbarcarsi e tornare in Africa, il condottiero apprese con amarezza queste decisioni e lo storico Howard Scullard scrisse che: "egli abbandonò l'Italia invitto, con più tristezza di un esule che la lascia la terra natale. Era fallita l'impresa a cui aveva dedicato una vita".
lettore leggerà in questo articolo saranno frutto di supposizioni, ipotesi e presupposizioni. Niente di quello che leggerete è avvalorato da fonti storiche certe o da documenti che convalidino le tesi in questione. Spieghiamo meglio però. In Italia e in tutto il mondo in genere esistono luoghi dove sono accaduti fatti storici di una certa rilevanza di cui però non si conosce l'esatta ubicazione, fattostà che di questi accadimenti, in mancanza di fonti certe, un po' tutti cercano di accaparrarsi la teoria di questo o quello studioso per determinare che lì, in quella precisa zona è accaduto questo o quel fatto. Di solito(quasi sempre direi) succede per avvenimenti storici antichissimi e nella Valle del Serchio di questi casi ne abbiamo addirittura due. Di uno ebbi già occasione di raccontare e narrava le vicende riguardanti la clamorosa sconfitta nel 186 a.C di Quinto Marcio Filippo e delle sue legioni romane contro gli indomiti Apuani. La scontro passò alla storia come la battaglia del "Saltus Marcius". Ma questo "Saltus Marcius" dov'era? Alcuni storici sostenevano che si trovasse in Versilia nei pressi di Pontestazzemese, altri dicevano che in realtà poteva essere proprio a Marciaso (frazione del comune di Fosdinovo), altri ancora invece asserivano che il fattaccio accadde al "Marcione", località poco distante da Castiglione Garfagnana. Insomma, come vedete siamo proprio nel campo delle più svariate congetture, questo però non vuol dire che una delle teorie presupposte sia errata, ci mancherebbe altro, perciò anche le opinioni sull'impresa che andrò a raccontarvi meritano di essere esposte, poichè, anche se non certe, qualche studioso prima di me ha creduto che quella fosse la cosa giusta da asserire. La storia in questione tira in ballo nientepopodimeno che Annibale Barca, il condottiero cartaginese (definito da molti "il più grande generale dell'antichità") e l'ormai celeberrima spedizione di guerra che vide marciare verso Roma centomila soldati e trentasette elefanti. Ebbene, a tutti è noto il fatto dell'attraversamento delle Alpi da parte di Annibale, ma quando al valoroso, nonchè (sottolineerei) coraggioso condottiero gli toccò oltrepassare gli Appennini, da dove passò? Ecco qua che indirettamente, o forse direttamente, entrare in ballo la Valle del Serchio. Prima però di affrontare "il giallo" dell'attraversamento appenninico di Annibale e del suo elefante è doveroso illustrare brevemente l'antefatto che portò il cartaginese ad affrontare questa epica impresa. Quando (tanto tempo fa...) frequentavo la scuola, studiare le guerre puniche era di una noia unica, sarà stato perchè la voglia di applicarsi era poca e forse anche perchè tali vicende erano esposte in qualche maniera dal professore di turno, fattostà che rileggendo oggi quei fatti tutto assume un altro sapore e unaltro interesse. Eravamo infatti nel maggio dell'anno 218 a.C quando proprio agli inizi della seconda guerra punica Annibale lasciò la penisola iberica per puntare direttamente su Roma con 90.000 fanti, 12.000 cavalieri e 37 elefanti. Le cause belliche che spinsero a questa ardita guerra furono essenzialmente tre: lo spirito di rivalsa del padre di Annibale, che da bambino gli aveva fatto giurare di fronte agli Dei odio eterno a Roma, l'onta subita dai cartaginesi per la perdita della Sardegna e della Corsica e l'esaltazione per i numerosi successi in terra iberica delle armate africane. In ogni caso l'attraversamento delle Alpi avvenne verso la fine del 218 a.C; il freddo e la fatica però si fecero sentire penalizzando fortemente uomini e animali, nonostante tutto e con mille sforzi gli indomiti guerrieri raggiunsero la Pianura Padana prima che le nevi bloccassero i passi. Annibale arrivò così in Italia dopo una ventina di giorni di aspri combattimenti con le popolazioni montanare, il risultato di tutto questo tribolo fu pagato a caro prezzo, dato che gli rimasero a sua disposizione "solo" 20.000 fanti e 6.000 cavalieri, con questi uomini nella primavera del 217 a.C il condottiero cartaginese decise malgrado ciò di continuare la spedizione. Oramai però di quei 37 elefanti da guerra il rigido inverno ne aveva uccisi 36 e quando fu deciso di valicare gli Appennini un solo elefante era rimasto vivo, l'animale si chiamava "Surus" ed era l'elefante personale di
Annibale rappresentato sopra il suo elefante |
Il passo di Annibale presso Val di Luce |
Il percorso del Fiume Arno |
Liguri Apuani |
Scipione l'Africano |
Bibliografia
- "Ab Urbe condita CXLII". La storia di Roma dalla sua fondazione, Tito Livio, 1a edizione tra il 27 e il 14 a.C