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Il diavolo e la Garfagnana... Storie fra leggende e presunte verità...

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In Garfagnana e in Toscana in genere ci sono molte località che
portano il nome del diavolo o perlomeno ne richiamano la sua presenza: il Ponte del Diavolo, il Canale dell'Inferno, il Sasso del Diavolo e così via... Tutte
 località e luoghi legati ai racconti popolari, alle leggende e alle storie fantastiche. Parrebbe, infatti, che il diavolo conosca bene la nostra terra e i suoi abitanti. A quanto si dice, sembrerebbe che da queste parti il diavolo ha ricevuto sempre delle sonore fregature e questo avvalora la tesi che dice: "un garfagnino ne sa una più del diavolo". Infatti, si ritiene che quando il satanasso debba passare dalla Garfagnana, preferisce attraversarla a grandi balzi. Ma la paura del diavolo nasce da molto più lontano e si concretizzò maggiormente intorno all'anno mille, quando fra gli uomini si diffuse la paura che la fine del mondo fosse prossima. Questo terrore nacque dall'ultimo libro del Nuovo Testamento, l'Apocalisse di Giovanni che chiaramente profetizzava : "E vidi un angelo che scendeva dal cielo
con in mano la chiave dell'Abisso e una grande catena. 
Afferrò il drago, il serpente antico, che è diavolo e il Satana, e lo incatenò per mille anni; 
lo gettò nell'Abisso, lo rinchiuse e pose il sigillo sopra di lui, perché non seducesse più le nazioni, fino al compimento dei mille anni, dopo i quali deve essere lasciato libero per un po' di tempo". Così la fobia si insinuò nei cuori della gente che cercava ogni segno premonitore dell'imminente fine, perciò si scrutava il cielo, si osservavano gli eventi naturali e il passaggio di una cometa, si cercavano avvisi catastrofici anche in un'eclissi, nella moria di bestiame, in una siccità prolungata o in un inverno troppo rigido, tutte queste sventure sembravano le conferme del pauroso evento e nonostante che la fede cristiana nei secoli passati avesse spazzato via ogni dio pagano, la mentalità collettiva continuava ad essere dominata dalla superstizione con la differenza che gli dei malvagi furono sostituiti dagli emissari dell'anticristo: i diavoli. Probabilmente è da questo momento che il malvagio entra a far parte dei nostri racconti e delle nostre leggende e la sua presenza in queste storie è li inserita per incarnare un vizio, un peccato o una colpa grave e proprio per questo che a tali leggende si attribuiva anche un forte valore educativo, nonchè inibitorio su cui la Chiesa faceva particolarmente leva, quindi chi commetteva un peccato particolarmente grave, chi bestemmiava, chi abusava d'alcol, chi non andava a messa, per lui si sarebbero aperte le porte
dell'inferno. D'altronde l'intento di queste particolari leggende era sempre il solito, punire un comportamento scorretto per la morale del tempo. A conferma di questo, capitava anche che alcuni episodi incredibili assumessero i contorni della verità assoluta, è il caso di una vicenda  accaduta nel 1612 e riportata di Sigismondo Bertacchi nel suo libro "Descrizione Istorica della Provincia della Garfagnana": "Dell'anno 1612, essendo una donna chiamata Caterina Mazzoni da Dalli, d'età d'anni 40 in circa, maritata in Antonio di Bernardino da Orzaglia, dal quale aveva avuto quattro figliuoli, e tal donna era poco osservante de SS. Precetti di Dio. Ella aveva il peccato della bestemmia e quello di non santificare le feste commandate, e per ordinario usare fare le sue bugate (n.d.r: il bucato) ne' giorni festive, et in essi andarle a lavare alla fonte. Avvenne che fattane una in giorno di Domenica, et andatala a lavare, secondo il suo uso, condusse seco alla fontana un paro de vacche, acciò esse mangiassero, mentre essa lavasse la bugata, e mentre ciò faceva, venne una folgore, overo saetta dal cielo, et ammazzò lei, senza che li vedesse nella sua vita male alcuno, e la spogliò nuda, come se fosse allora escita dal ventre della madre; e quella stessa saetta ammazzò anche
una delle vacche. Il marito con il Clero andornò a condurre la donna alla sepoltura, il che fatto, condussero anche la vacca nella Terra. Qui ora nasce la maraviglia. La vacca fu scorticata et aperto il suo ventre vi trovorno tutti i panni della donna, senza aver patito lesione alcuna"
 . Storie legate a personaggi realmente esistiti non finiscono con i fatti riguardanti questa povera donna, ma coinvolgono anche persone garfagnine di alto lignaggio che a quanto pare a suo tempo fecero un patto con il diavolo in persona. Vi vado allora a narrare l'inquietante caso che riguarda il capitano Pietro Cilla, nato a Giuncugnano nel 1776, laureatosi in medicina. Il Cilla aveva ricoperto nella sua vita incarichi importanti sia in ambito militare che amministrativo, infatti durante il periodo napoleonico era diventato comandante generale della gendarmeria e in seguito fu nominato a Castelnuovo "Incaricato per l'economato dei beni nazionali del Dipartimento del Panaro". Proprio grazie a quest'ultima mansione già nei primi anni del 1800 riuscì ad accumulare un ingente patrimonio che si andava a sommare con quello che già possedeva, ma non solo, tale ricchezza aumentò quando assunse su di sè per mezzo dello Stato tutti i beni ecclesiastici, un fatto che naturalmente sia per il popolo che per i religiosi fu poco apprezzato. Fattostà che al momento della morte del Cilla nacque uno spaventoso racconto. Infatti le cronache del tempo riferiscono che il corpo del capitano fosse misteriosamente sparito dalla bara. Ad insospettire i presenti fu l'eccessivo peso della bara stessa che una volta riaperta avrebbe rivelato la presenza di alcune pietre e alcuni pezzi di legno. Il cadavere, a quanto pare, così come la gente del posto diceva, era stato trafugato dal demonio in persona con il quale il Cilla, in vita, aveva stretto un patto per far
accrescere le sue ricchezze in cambio del suo corpo e della sua anima. Rimane il fatto che voci sullo stretto rapporto fra il capitano e il demonio già circolavano da molto tempo quando era ancora in vita, difatti si raccontava di diaboliche feste organizzate nella villa del Cilla stesso, non mancava nemmeno chi lo accusava di rapire bambini e di evocare entità maligne. Ma come già scritto in precedenza in Garfagnana il maligno più che un diavolo era considerato... "un povero diavolo" . Cominciamo con il dire che nel folklore garfagnino il diavolo risulta nettamente in subordine al Buffardello e agli Streghi e che dire poi di quelle solenni fregature che si è preso nella nostra valle? Tanto per riportare il primo esempio va ricordato proprio il fatto che ha dato il nome al ponte più famoso della Valle del Serchio: il Ponte del Diavolo. 
La storia narra che la costruzione del ponte fosse stata commissionata ad un capomastro che era molto preoccupato per i tempi di consegna. L’opera era difficile da realizzare, e l’imminente scadenza lo fece cadere in disperazione, tanto che​​ il diavolo si manifestò proponendo di aiutare il capomastro: avrebbe completato il ponte lui stesso, in cambio dell’anima del primo essere vivente che lo avrebbe attraversato. Stretto il patto, in una notte il ponte fu eretto, ma il muratore si sentì talmente in colpa da correre a confessarsi da un prete che gli suggerì una strategia per rimediare alla sua debolezza: far attraversare per prima una bestia (una versione della leggenda
parla di un maiale, l’altra di un cane). 
Il giorno dell’inaugurazione il capomastro segui il consiglio del prete, e bloccata la folla che entusiasta voleva attraversare il ponte, fece per primo passare un maiale (o un cane). In questo modo il diavolo, sentendosi sbeffeggiato dall’arguzia del capomastro decise di gettarsi nelle acque del fiume Serchio scomparendo per sempre. Per rimanere attinenti a questo
 non ci si può nemmeno dimenticare di quella storia che per protagonisti ha Satana, San Pellegrino e il Monte Forato. San Pellegrino dopo un lungo girovagare, proprio in quelle montagne dove adesso è il paese omonimo, aveva finalmente trovato il luogo dove pregare e fare penitenza. Il diavolo cercava spesso di farlo cadere in tentazione ma il sant’uomo era di animo puro, così il diavolo pensò bene di andare di persona a sistemarlo. Quando arrivò, San Pellegrino stava pregando così intensamente che il diavolo non ebbe pazienza e così gli rifilò un bel ceffone. “Finalmente, ora  la smetterai di pregare!”, disse tra sé il diavolo, ma ecco che San Pellegrino si rialzò e a sua volta gli tirò un bello schiaffo! Il diavolo, preso alla sprovvista e soprattutto colpito da un ceffone davvero potente,
fu addirittura sbalzato in aria, attraversò tutta la valle ed infine si schiantò sulla montagna, passando dall’altra parte e lasciando un grandissimo foro che creò quello che oggi è conosciuto come Monte Forato. Insomma, le storie riguardanti diavoli e demoni in Garfagnana e nella Valle del Serchio pullulano e da questa consuetudine non sono esenti nemmeno le Alpi Apuane e tanto per citare alcuni episodi posso raccontarne un paio davvero singolari. Si narra di un sentiero dimenticato fra le selve in quella che un tempo era una via di comunicazione importante fra Garfagnana e Versilia, ebbene, si dice che di li anche le bestie si rifiutavano di passare, poichè tra quelle pietre si trova la cosiddetta "culata del diavolo". A quanto pare su quel terreno si trova nitida l'impronta di un culo, con accanto tre fori che dovrebbero corrispondere al forcone di cui il diavolo è in possesso. Proprio in quel punto di passaggio il demone cercava anime da fare sue, ma un bel giorno fra le rocce gli sembrò di scorgere la Madonna, tanta fu la sua paura e il suo timore che scappò a gambe levate ed inciampò fra quei sassi, lasciando l'impronta del sedere e del forcone che teneva in mano. Particolare è anche la vicenda che ha portato in dote il nome a quello che oggi è una delle vie che portano alla Pania della Croce: il Canale dell'Inferno. Era da tempo che il diavolo stava arroccato sul Pizzo delle Saette, da quel punto infatti poteva vedere bene tutte le anime che arrivavano sulla vetta della
Il canale dell'inferno
 Pania. La sua presenza era celata da un grande mantello nero che gli serviva per sorvolare da una parte all'altra le cime delle Apuane. Un mattina un prete portò una sua processione sulla cima della Pania, da li poteva impartire la benedizione su tutte le cime vicine. Il maligno non la prese bene, anzi si arrabbiò tantissimo, tant'è che gettò il suo mantello che andò a cadere proprio ai piedi della Pania della Croce, creando di fatto un solco dove nessuna erba e nessuna pianta ancora vi cresce, questo aspetto portò quel luogo a somigliare ad una sentiero che portava agli inferi. In conclusione, bando ad ogni folklore e a qualsiasi credenza, non rimane che ricordare una sacrosanta e veritiera citazione di William Shakespeare, dove nella sua opera teatrale "La Tempesta" rammentava: "L'inferno è vuoto...tutto i diavoli sono qui in Terra".


Bibliografia 

  • "Gli Streghi, le streghe" di Oscar Guidi, Pacini Fazzi editore, anno 1990
  • "Usanze, credenze, feste, riti e folclore in Garfagnana" di Lorenza Rossi, edito Banca dell'Identità e della Memoria, anno 2004
  • "Racconti e tradizioni popolari delle Alpi Apuane" di Paolo Fantozzi, edito da "Le Lettere", anno 2013


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