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C'era una volta un ragazzo lucchese: la vita di Romina Cecconi

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Questa che vado a raccontarvi non è una bella storia, è una storia
fatta di soprusi, persecuzioni, sofferenze e violenze. Quello però che rende speciale questa vicenda è la voglia di emancipazione e di rivalsa sociale da parte della protagonista nell'Italia bigotta e puritana del dopoguerra. Non parleremo allora, come è mia abitudine, di belle tradizioni garfagnine o
 di guerre fra estensi e lucchesi, parleremo però di una lotta, la lotta per la propria libertà. Questa, infatti è la storia di Romano Cecconi, diventato Romina. Romano era nata nel momento sbagliato (in piena guerra mondiale) e nel corpo sbagliato. Si, avete capito bene, nel corpo sbagliato, perchè lei si sentiva donna a tutti gli effetti, tant'è che dopo una lunga battaglia legale fu la seconda persona in Italia che ottenne sui documenti d'identità il riconoscimento del suo nuovo genere dopo l'operazione del cambiamento di sesso, contribuendo così ad aprire la strada alle legge 164, che permette tutt'oggi l'adeguamento del nome sui documenti. Nacque così a Lucca, era il 4 luglio del 1941. Schiaffi, litigi, umiliazioni, per tutti era la "donnicciola", questa era la sua vita in una provincia lucchese diversa da quella attuale, legata a tradizioni antiche dove il "pater familias" era a capo di tutto il parentado, dove la società era ben distinta in uomini e donne, gli uomini lavoravano  e le donne accudivano ai figli, vie alternative non esistevano e quando esistevano si tenevano ben nascoste, erano considerate uno scherzo della natura o peggio ancora un abominio di Dio, una punizione divina. Ma a quei tempi Romano non ce la faceva a nascondere quella che era la sua vera e propria essenza e quella madre (n.d.r: nativa di Bagni di Lucca) un po' manesca non ce la faceva a frenare gli istinti di quel ragazzetto:- Tante sculacciate gli davo da bambino. Visto come fanno le bambine, si girano, si atteggiano e si pavoneggiano e così faceva anche lui e io ero turbata, sicuramente non mi faceva piacere e io lo picchiavo e lui le pigliava, stava zitto e ricominciava nuovamente a fare in quel modo...-. La svolta della sua vita ci fu qualche anno dopo quando la mamma per fuggire dalla miseria più nera che attanagliava la valle nel dopoguerra decise di trasferirsi a Firenze e andare a lavorare in una trattoria. D'altronde uscire dalla
Firenze anni 60
provincia per Romina era come uscire da un incubo:- Non ho mai conosciuto il mio vero padre, quello che ci adottò era un brav'uomo, ma spesso si ubriacava e diventava violento. Dopo la sua morte siamo arrivate in una città che non conoscevamo, ma che ci sembrava bellissima-. A quindici anni Romina trovò il suo primo lavoro in San Frediano (n.d.r: un quartiere di Firenze), imparò a fare la doratura delle cornici, ma il mestiere durò ben poco, le distrazioni e al tempo stesso le opportunità che dava la città alle sue ambizioni andavano sfruttate... L'ambizione difatti era il palcoscenico, ma come ebbe a dire Romina: "Cosa resta per chi nasce in un corpo sbagliato? Solo due scelte: il palcoscenico o il marciapiede. Provai con il primo ma finì sul secondo..." Il suo esordio nel mondo dello spettacolo infatti fu al "Circo Gratta" e come un fenomeno da baraccone sulla locandina era presentata come "L'uomo-donna", li si esibiva ballando il Bolero, si travestiva da Brigitte Bardot e da Milva, ma il suo numero venne cancellato, turbava i giovani... Tentò la fortuna poi nella lontana Parigi nel famoso locale "Chez Madame Arthur", non raggiuse mai il successo, ma imparò ad assumere ormoni per ingrossare il seno. Tornò allora a Firenze e divenne con il tempo un personaggio conosciuto, le sue passeggiate notturne vestita vistosamente da donna in abiti
La Romanina
coloratissimi, lo sculettare in jeans strettissimi fecero nascere il mito de "la Romanina". Cominciarono così i problemi seri... Lei e la sua amica Silvia incominciarono a frequentare il Parco della Cascine, ogni giorno la Buoncostume faceva retate, passava più il suo tempo in Questura che sul marciapiede e le multe a suo carico per oltraggio al pubblico pudore fioccavano e cominciavano veramente a farsi tante. Quei soldi fatti con il mestiere più antico del mondo servivano per la tanto sospirata operazione per cambiare sesso, non certo per pagare multe. Ma nonostante tutto il mito della Romanina continuava imperterrito nel suo successo nella Firenze degli sessanta:-
 Ero diventata una star, tanto che quando iniziai a fare la vita su e giù per via Tornabuoni (n.d.r: una delle vie del lusso di Firenze), la mia clientela era fatta di medici, avvocati, architetti. Io e la Silvia entrammo nel bel mondo di Firenze dalla porta principale. I ricchi ci invitavano nei loro attici con vista. Una volta mi ricordo che in una cantina vicino Santo Spirito, una taverna frequentata dalle grandi famiglie della città dove si facevano gli spogliarelli, ci fu una retata della
Buoncostume e finimmo tutti sulla rivista 
Specchio. Fu la mia prima copertina. Non c’era festa, night club o appuntamento mondano in cui io e la Silvia non fossimo le star. Ogni volta che succedeva qualcosa il giorno dopo mi ritrovavo sulle pagine de "La Nazione"
, con titoloni che gridavano allo scandalo. Lo facevano per vendere più copie, naturalmente- Insomma Romina era diventata una vera e propria icona, di sè, se ne accorse anche il jet set internazionale che la voleva nei suoi salotti, era amica delle figlie di Chaplin e il suo flirt con Vittorio Emanuele di Savoia fece scandalo. La misura però era colma, pressioni politiche sulla questura di Firenze da parte della Democrazia Cristiana dicevano di chiudere questo scandaloso capitolo. La palla fu presa al balzo e in violazione dell'articolo 85 del codice Rocco alla Romanina gli fu imposto il coprifuoco, divieto di uscire di casa nelle ore serali e notturne e l'obbligo di vestirsi da uomo. Ovviamente Romina non avrebbe mai rispettato tali restrizioni e così le condanne aumentavano, 
per ben quattro volte le porte del carcere sia maschile che femminile si aprirono per lei e come se non bastasse subì perfino l'umiliazione delle visite psichiatriche. Arrivò così anche il 1968 e se quell'anno per l'Italia fu il momento della grande contestazione per Romina il suo '68 si tradusse nel suo anno peggiore che coincise con la sua totale repressione. "Persona socialmente pericolosa" così recitava la motivazione per cui Romina venne spedita al confino, al soggiorno obbligato nel sud più profondo, a Volturino un paesino
Volturino (Foggia)
montano di duemila anime in provincia di Foggia, tanti "riguardi" non venivano prestati nemmeno ad un pericoloso mafioso. 
A dispetto dei giudici, per Romina quello fu il giorno della liberazione, non della repressione:-Quando scattò il confino, che ormai andavo per i trenta, mi dissi: ora o mai più. Casablanca era lontana, ma Losanna no. Prosciugai il conto in banca e scappai. Costava 700 mila lire quell'operazione. I soldi non bastarono. Scrissi a mamma: dimentica tutto, aiutami. Due giorni dopo eccola lì di persona, il mio cuor di mamma, con 500 mila lire in una busta, i risparmi di una vita. Sapeva di avermi ridato la vita per una seconda volta. Ci siamo guardate e abbiamo iniziato a piangere, come due grulle. Non avevo paura più di nulla, né del confino, né del ritorno alla solita vita. Che soddisfazione, due anni dopo, sventolare sotto il naso di un agente i documenti con scritto "sesso: effe"-. Nonostante questo al suo rientro in Italia la Patria non si dimenticò di lei, anzi fu lei che una volta rientrata dalla Svizzera si autodenunciò per scontare il famoso confino, e fu mandata inesorabilmente a scontare la sua pena a Volturino. Passati  tre anni nel paesino foggiano la sua fama si diffuse ancor di più. Romina aveva vinto, il suo stato di donna gli era stato
Romina Cecconi a Firenze
legalmente riconosciuto, aveva dovuto citare in tribunale perfino l'anagrafe, i tempi delle umiliazioni, delle violenze, dei processi e del carcere erano finiti, era arrivato il momento di aiutare le altre perchè non subissero la sua stessa sorte, 
ma non c'erano ancora leggi al riguardo, ma grazie a lei ce la fecero molte altre e lei le ha aiutò organizzando scioperi, cortei, andando in televisione e scrivendo un libro. Fu il 1976 e in tutte le librerie uscì "Io la Romanina: perchè sono diventato donna". Il libro ebbe un successo clamoroso, la Firenze dei salotti buoni cominciò a tremare per gli eventuali nomi che li potevano comparire (n.d.r: i nomi non c'erano ma si potevano intuire). Fu poi invitata anche nelle trasmissioni da Enzo Tortora per parlare della sua storia e il famoso regista Mauro Bolognini nel 1978 girò su di lei un reportage dal titolo: "C'era una volta un ragazzo: la vita di Romina Cecconi". Sulle sue vicende fu fatto perfino uno spettacolo teatrale con l'attrice Anna Meacci che ancora oggi viene rappresentato: "La Romanina-La vera storia del primo uomo in Italia diventato donna". Ma oggi "la Romanina" che fine ha fatto?
Romina è ancora in gran forma, quest'anno compirà ottant'anni e adesso vive a Bologna. Gli anni sono trascorsi e passate le luci della ribalta la sua vita si è svolta regolarmente, un marito, un divorzio, un fidanzato che la convinse a lasciare la strada e a comprarsi un edicola, proprio in quella Bologna in cui adesso vive. 
Per tutto il mondo l.g.b.t è ancora un mito per il resto è tutto un lontanissimo ricordo.


Bibliografia

  • "Ero Romano, diventai Romina e l'Italia mi mandò al confino" di Michele Smargiassi, "La Repubblica" 1 dicembre 2002
  • "Le mie notti da Romanina" di Marco Luceri, "Corriere Fiorentino",11 novembre 2015
  • "Romanina, la donna pipistrello", "orlandomagazine.it" di Salvatore (Paolo) Pazzi, 13 aprile 2019 
  • "C'era una volta un ragazzo: la vita di Romina Cecconi" documentario RAI di Mauro Bolognini anno 1978
Il titolo dell'articolo in questione è ispirato dal documentario RAI di Mauro Bolognini "C'era una volta un ragazzo: la vita di Romina Cecconi"


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