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Quando la cronaca diventa storia: la scolaresca che rimase intrappolata nella "Tana che Urla"

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I soccorritori davanti alla Tana che urla
(foto tratta da "La Nazione")
Umberto Eco non trovò miglior definizione con cui descrivere un giornalista:-Il giornalista è uno storico del presente-. Infatti non sono rari i momenti nei quali un fatto di cronaca diventa storia. Tali notizie nel momento in cui certe vicende vengono pubblicate sui giornali sono storie personali, accadute a colui che ne è stato il protagonista e nel bagaglio personale del lettore non sono altro che fatti approfonditi di cui già magari aveva sentito parlare. Ma allora quand'è che un fatto di cronaca diventa storia? Quando storia e giornalismo s'incontrano giungendo allo stesso punto, restituendo al fatto di cronaca uno sfondo costruttivo, rifacendosi in questo caso ad uno dei principi di Sant'Agostino: "Qualsiasi evento storico per quanto nefasto possa essere, è posto su una via che porta sempre al positivo e che ha sempre un significato costruttivo".
E così è per questo fatto di cronaca che sto per narrarvi. Un'avvenimento che risale a trentaquattro anni fa, era il 25 gennaio 1986 e tutto accadde nelle selve sopra Fornovolasco. Forse molti se lo saranno dimenticato, i più giovani è probabile che nemmeno sapranno di quello che accadde ai piedi della Pania nella
(da "Il Tirreno)
celeberrima "Tana che urla". Quello che rimane di costruttivo 
in questa storia  è che la natura richiede rispetto, esperienza, non approssimazione e pressapochismo, anche perchè la sua forza e la sua eventuale violenza sono l'energia più potente del mondo. Ma veniamo ai fatti.
Come ormai è abitudine, da anni Vittorio Verole passa da quella strada ogni giorno che Dio mette in terra, d'altronde lui è il titolare della "Grotta del Vento" e le cose da fare per quell'attività sono sempre molte e come tutte le mattine eccolo transitare davanti a quello spiazzo che di solito è adibito a parcheggio macchine, proprio per quelle persone che vanno in gita sul Monte Forato o che vanno a far visita alla "Tana che urla". La Tana che urla per chi non ne avesse mai sentito parlare è una grotta carsica, orizzontalmente profonda 400 metri circa ed è famosa per le sue leggende e sopratutto per la sua valenza scientifica. Già il nome però è tutto un programma, poichè tradizione popolare vuole che mettendo le orecchie a questa grotta si ha l'impressione che una
L'ingresso della Tana che urla
 (foto di Emanuele Lotti)
moltitudine di voci provenga dalle sue profondità, talvolta sembra di udire canti melodiosi, altre volte urla strazianti, oppure bisbiglii sommessi. L'immaginazione della gente del luogo ha voluto che questa grotta fosse abitata da fantastiche fate o da terribili streghe. 
Mentre da un punto di vista scientifico "la tana" ha un notevole valore, perchè suggerì ad Antonio Vallisneri (nel 1704) la teoria del ciclo perenne delle acque, in cui lo scienziato italiano (di Trassilico) confutò la cosiddetta “teoria marina”,che  riteneva che l’acqua scaturita dalle sorgenti,fosse generata da quella marina penetrata in profondità, fatta evaporare poi dal calore interno. Dopo questa doverosa precisazione come si suol dire ritorniamo "a bomba" o meglio alla cronaca dei fatti. Infatti, la sera, quando Vittorio fa ritorno a casa nota ancora le medesime macchine nel solito parcheggio. Piove a dirotto però e
L'interno della Tana
(foto tratta da verde azzurro notizie)
ormai è buio, Vittorio non si sente tranquillo e una volta tornato a casa si cambia gli abiti e torna giù al parcheggio e sale proprio fino alla Tana che urla. Lo spettacolo è impressionante dalla bocca della grotta  migliaia di litri d'acqua vengono vomitati a tutta forza, probabilmente lo sciogliersi della neve ingrossa ancor di più il getto d'acqua, rimane il fatto, questo è il pensiero dell'uomo, che se qualcuno è entrato se non è morto è rimasto sicuramente bloccato.

Intanto la solita mattina del medesimo giorno i ragazzi della quinta D del Liceo Scientifico Vallisneri di Lucca si stanno preparando per una gita d'istruzione, d'altra parte è il fatidico anno dell'esame di maturità e gli studi vanno approfonditi, destino poi vuole che proprio quel 25 gennaio la gita ha come meta una di quelle grotte su cui ha fatto gli studi l'esimio scienziato garfagnino che ha dato il nome alla scuola dove i ragazzi studiano, fattostà che questo tipo
Lo scienziato garfagnino
 Antonio Vallisneri
di gite per un liceo scientifico sono tutto sommato all'ordine del giorno e nessuno si sarebbe immaginato che quella giornata di studio si sarebbe trasformata in 32 ore di vero inferno. L'avventura di quei ragazzi è cominciata il giovedì mattina, i giovani sono arrivati alla spicciolata, chi con il treno alla stazione di Barga-Gallicano, chi con le auto... intanto però già dalla mattina il cielo sopra la Garfagnana è
 sempre più scuro. Sono le undici del mattino ormai è tutto pronto per entrare nella grotta. Tutti presenti allora ! I dodici studenti (sette ragazze e cinque ragazzi) ci sono , il professore di scienze anche, le tre esperte guide del C.A.I idem, alla fine si aggiungono(per fortuna) ben sei speleologi. I ragazzi e gli accompagnatori quindi entrano e intanto fuori si scatena un furioso temporale di violente proporzioni. La lezione comunque sia è stata proficua ed interessante, gli speleologi hanno illustrato benissimo le caratteristiche di questa "tana", sono però le quattro del pomeriggio è l'ora di uscire, di far ritorno alla luce, anche perchè bisogna ritornare a casa, fra poco sarà buio pesto. A ogni modo per uscire dall'ampia camera della grotta, dove ora si trova la scolaresca c'è da attraversare un lungo corridoio(venti metri circa), o meglio una vera e propria strozzatura della caverna stessa, ma proprio nel momento che i gitanti stanno per affrontare il lungo corridoio si accorgono che questa strozzatura si è riempita velocemente d'acqua e ha bloccato inevitabilmente i ragazzi e gli
Sezione della tana che urla.
I punti cerchiati indicano
 il luogo dove erano
 intrappolati
i ragazzi e la strozzatura
 invasa dall'acqua

speleologi, è impossibile passare, il forte temporale che si sta abbattendo sulla valle e il conseguente aumento delle temperature che sta sciogliendo la neve della Pania sta facendo si che abbondanti fiumi d'acqua stiano per invadere in maniera inesorabile la grotta. In questo momento Vittorio Verole è davanti alla "Tana che urla", per lui non rimane che un'unica soluzione, telefonare in Prefettura e avvisare le autorità che sta per compiersi una tragedia, in concomitanza arrivano anche le prime segnalazioni dei genitori preoccupati, i loro figli non hanno fatto ancora ritorno... I soccorsi partono immediati e tutto così si trasforma in una corsa contro il tempo. Da La Spezia arrivano gli speleo-sub del Centro Luni, sono loro i primi a raggiungere la grotta, nel frattempo arriva anche il nucleo carabinieri sommozzatori di Genova, gli altri carabinieri nel contempo circoscrivono la zona, i vigili del fuoco nei pressi della "tana" piazzano luci ed idrovore. Il dubbio che rimane però è uno, saranno vivi o morti? Questo non importa ai soccorritori, loro ragionano sempre come se dovessero raggiungere persone in vita e così verso le due della notte i sommozzatori fanno il primo tentativo di recupero, si tuffano nell'ormai famosa strozzatura, niente, non ce la fanno, il primo tentativo è andato a vuoto. Si decide allora di far partire le idrovore, sono una decina, stanno funzionando a gruppi di tre, la loro forza è impressionante, stanno sputando fuori dalla grotta ottocento litri d'acqua al minuto, ma nonostante questo la strozzatura non si svuota. Intanto sono arrivati anche i genitori e i familiari dei malcapitati, anche i giornalisti sono giunti a Fornovolasco, sono tutti li al bar del paese in attesa di notizie.
Fornovolasco 
Ormai è l'alba e ancora piove a dirotto, la scenario è apocalittico, acqua e fango in ogni dove, è arrivato comunque il momento del secondo tentativo di salvataggio, nuova immersione e nuovo fallimento. Le ore passano e più passano le ore e più il pericolo di una fine infausta di questa vicenda cresce. Oramai è giorno pieno, anzi sono le dodici e trenta del 26 gennaio, un'ora e una data che questi ragazzi si ricorderanno per tutta la vita. A smesso di piovere, il sifone naturale della grotta si sta abbassando è il momento di partire con il terzo tentativo, finalmente i sub raggiungono i ragazzi nella camera della grotta, sono tutti sani e salvi, stanno tutti bene. La prima ad uscire  sarà una speleologa, sono le 17 e parte un lungo e spontaneo applauso da parte di tutti i soccorritori, parenti e giornalisti. Soltanto adesso c'è la sicurezza che la brutta avventura degli studenti finirà in modo lieto. Per far uscire tutti gli altri ci vorranno ancora tre ore, non è agevole superare quel cunicolo d'acqua, i carabinieri- sommozzatori hanno piazzato delle corde d'acciaio, una
Il momento del salvataggio
(immagine tratta da Rai news)
sorta di filo d'Arianna, che permette di fare spola, in modo così di accompagnare uno per uno tutti i componenti della scolaresca. Verso le otto di sera si potranno dichiarare chiuse le operazioni di salvataggio.

Tutto è bene quello che finisce bene e grazie a Dio e ai soccorritori tutti rimasero illesi. Quello che però stonò al tempo sulla vicenda fu l'inconsapevolezza e la superficialità di una parte dei protagonisti di questa vicenda. Così riportava il quotidiano "La Repubblica" il giorno 27 gennaio 1986: "I ragazzi sono usciti con l' aria tranquilla, sorridenti, anche se bagnati fradici e stanchi per le ore passate all'addiaccio, circondati soltanto da stalattiti. "Non abbiamo avuto problemi, tutto tranquillo", assicura con aria spavalda [omissis] che per secondo abbandona la "Tana che urla". Corre a cambiarsi in una tenda piazzata poco distante ma rifiuta, spavaldo, qualsiasi aiuto dai soccorritori" e ancora "No, non abbiamo avuto paura", ed infine, il giornalista e la gente si fecero la domanda delle domande: " In pieno inverno e con il tempo che minacciava temporali, era
Piccola cascata all'interno
della Tana
(foto tratta
da luoghidasogno.altervista.org)
proprio necessaria questa gita?"
.
 
Certe lezioni che la natura dà solitamente rimangono impresse tutta la vita e probabilmente a mente fredda così sarà stato per questi che al tempo erano dei ragazzi. Quello che è vero è che questa vicenda mi riporta alla mente un vecchio adagio che così dice "In natura non ci sono ricompense o punizioni; ci sono solo conseguenze"...


Bibliografia

  • "Bloccati nella grotta per 32 ore", "La Repubblica" 27 gennaio 1986 di Paolo Vagheggi

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