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Quando (un simil) Halloween si celebrava anche in Garfagnana. Analogie fra la ricorrenza americana e le antiche tradizioni garfagnine

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Alla fine dei conti la colpa è un po' anche nostra se adesso ce la
ritroviamo fra i piedi. Per nostra intendo di noi europei e se si vuole scendere nel particolare anche di noi garfagnini. La tanta vituperata ricorrenza di Halloween che crediamo tipicamente americana, tipicamente americana non lo è, gli americani hanno avuto semplicemente il "merito" di perpetuare nel tempo un'usanza e una tradizione di chiara origine europea, questa infatti era una ricorrenza che i primi emigranti europei si erano portati dietro dal vecchio al nuovo continente, d'altronde questa festa da noi nei secoli ha perso del suo significato pagano e macabro ed è andata presto nel dimenticatoio, assumendo poi un carattere prettamente religioso, in compenso si è sviluppata negli Stati Uniti attraverso un merchadesign e una pubblicità impressionante. Le sue origini sono da ricercarsi nell'Europa precristiana e nelle tradizioni celtiche. Nelle isole britanniche il 31 ottobre segnava la fine dell'estate e tale ricorrenza era chiamata "Samhain", il nome viene dal gaelico e indica precisamente la conclusione della stagione dei raccolti e l'inizio dell'inverno, una stagione dura dove le tenebre prendono il posto della luce ed è proprio in quella notte di passaggio fra due mondi e due modi di vivere che le anime dei morti tornano a vagare sulla terra. Per trovare ancora similitudini e analogie con Halloween non occorre scomodare nemmeno i rudi e rozzi celti se è vero come è vero che la potente e progredita Roma festeggiava i "Parentalia", una tradizione che si celebrava ogni anno in onore dei
Mosaico sulla morte dell'antica Roma
propri defunti. La differenza stava nella data di celebrazione, che cadeva fra le idi di febbraio (il giorno 13) e il 21 febbraio, giorno vero e proprio in cui si omaggiavano pubblicamente i morti (Feralia), in quel giorno c'era l'usanza di "portare" doni ai morti perchè si credeva che in quel periodo le anime dei defunti potessero girare liberamente insieme ai vivi. I doni che venivano portati alle tombe dei propri cari erano diversi: ghirlande di fiori, spighe di grano, un pizzico di sale e pane imbevuto nel vino e viole, semplici offerte forse introdotte da Enea che aveva versato vino e viole sulla tomba del padre Anchise. Erano guai seri se però ci si dimenticava di onorare i defunti; Ovidio narra che una volta quando i romani erano impegnati in una guerra si dimenticarono di questa consuetudine, i morti allora uscirono dalle tombe girovagando per le strade rabbiosamente. Insomma, tutti questi riti sparsi per l'Europa assumevano ovunque il medesimo significato che era quello di accogliere, confortare e placare le anime degli avi defunti, un modo quindi per esorcizzare la paura dell'ignoto e della morte. Figuriamoci che la ricorrenza era talmente radicata fra la gente che Santa Romana Chiesa la volle fare sua, plasmando e modificando tale aberrante significato pagano. Innanzitutto questa costumanza fu spostata di un giorno (il 2 novembre), poichè questa data faceva  riferimento all'evento biblico del diluvio universale, con particolare riferimento a quell'episodio in cui Noè costruì l'arca, che secondo il racconto cadde nel "diciassettesimo giorno del secondo mese" e che corrisponderebbe proprio all'attuale novembre. La Chiesa con ciò volle quindi dare onore a tutte quelle persone che Dio stesso aveva condannato alla morte al fine di scongiurare la paura di nuovi eventi simili. Nell'835 per sradicare ogni culto pagano residuo Papa Gregorio II spostò la festa di "Ognissanti" dal 13 maggio al 1 novembre e nel 998 Padre Odilo, abate di Cluny istituì ufficialmente nel calendario cristiano il 2 novembre come data per commemorare i defunti. Ma la Garfagnana in tutto questo che c'entra? Certo che c'entra, anche noi abbiamo dato il nostro contributo a

diffondere queste credenze che nascevano proprio dai quei lontani tempi. Con il passare dei secoli abbiamo amalgamato questo credo in una sorta di leggenda mista a religione che è arrivata fino ai giorni nostri. Testimonianze raccolte ricordano ancora che i morti tornavano silenziosi, rientravano nelle loro case, mangiavano e bevevano e tornavano a dormire nel loro letto, si cibavano sopratutto di mondine (n.d.r: caldarroste), che erano difatti uno dei loro cibi preferiti, le donne garfagnine così le lasciavano pronte per loro sul tavolo da cucina. La castagna si legava a filo doppio con la tradizione dei morti e così ricorre spesso nelle testimonianze orali di quel giorno in cui si rammentava che nelle aie garfagnine si festeggiava e si ballava intorno ad un grande fuoco dove venivano preparate scoppiettanti mondine e tradizione voleva che i partecipanti dovevano tingersi la faccia con il nero della castagne bruciate, tale "travestimento" già nel medioevo era in uso e era credenza che fosse utile per confondersi con le anime dei morti che il giorno dopo sarebbero tornate sulla terra e quel giorno in effetti cominciava molto presto. La messa per la commemorazione dei defunti solitamente veniva celebrata alle 4 della mattina, orario giustificato dal momento che con la luce del sole sarebbero cominciati i lavori nei campi e la raccolta della castagne. I bambini naturalmente erano i primi ad impressionarsi e alzarsi a quel ora  non era affatto facile, allora servivano delle "spintarelle" e un bambino di Sermezzana (Minucciano) di quell'epoca ricorda che i genitori dicevano di buttarsi giù dal letto il prima
possibile, sennò da li a poco sarebbero venuti i morti a tirarlo per i piedi, poi sarebbe toccato ai defunti dormire e riposarsi nuovamente nel proprio letto che avevano abbandonato in vita. Altre leggende e storie di paura garfagnine degne del miglior Stephen King fanno da corollario per il 2 novembre, un episodio forse accaduto a Nicciano (Piazza al Serchio) racconta che dopo la messa dedicata ai morti la gente riprendeva le sue opere e in quel periodo ancora si raccoglievano le castagne e nel tempo che serviva per dire la messa e la raccolta delle castagne stesse non si poteva assolutamente rientrare a casa, perchè era lì, nelle proprie case che i morti venuti dall'aldilà tornavano. Un uomo curioso volle sfidare la sorte per vedere se era vero che i defunti tornassero in vita per tornare nelle loro dimore, decise così di preparare delle mondine e di metterne un piatto sul tavolo, dopodichè si nascose, ad un tratto comparve nella cucina una fitta nebbia, una volta svanita il piatto con le mondine era vuoto... Un'altra testimonianza viene dalle Verrucolette(Minucciano): “Nel giorno dei morti alla mattina io mi alzavo alle 5, chiudevo la finestra, bella ‘stricca’ (stretta) e poi dopo m'alzavo e lasciavo il posto; dicevan così i nostri vecchi,bisognava che i morti tornassero nel loro letto. Allora io alle 5 della mattina m'alzavo, venivo giù in casa, stavo laggiù a fare le mie faccende e con le finestre sempre chiuse per far dormire questi morti. Io ci credevo perchè facevano così il mio babbo, la
mia mamma e i miei nonni mi raccontavano così. Poi ci si preparava, s'andava alla messa,  pigliavo un po’ di fiori nell'orto, li portavamo lassù alla chiesa. Dopo quando il prete aveva detto la messa, la funzione dei morti, la benedizione e tutto, si ritornava a casa. Si veniva a casa a piedi e s'andava tutti insieme, si facevano le mondine, si cantava e si stava lì. Avevamo paura. Avevamo paura perchè c'erano questi morti, allora un po’ si pregava e un po’ si cantava e si stava tutti insieme e così si passava la giornata. Alla sera quando si tornava a letto si aveva un po’ di timore perché i morti erano stati li e non si voleva andare, così si stava in cucina e dopo, a una cert'ora, quando non ci si faceva più s'andava a dormire. Io andavo a letto con la mia mamma e col mio babbo perché avevo paura che questi morti mi venissero addosso”. Fra tutte queste testimonianze ci sono alcune in cui traspare anche affetto e tenerezza, come l'episodio di quella moglie che tutti i 2 di novembre apparecchiava la tavola con la tovaglia bianca e preparava il cibo preferito da suo marito morto: maccheroni, pane, formaggio e vino. 
A tagliare la testa al toro sul fatto delle affinità e delle somiglianza fra Halloween e le tradizioni locali basterebbe leggere una vecchia e ormai sparita usanza garfagnina chiamata "ben dei morti" che si svolgeva non nel giorno dedicato ai cari estinti, ma bensì nella notte fra l'ultimo giorno dell'anno e il primo, le ultime testimonianze risalgono ormai a cavallo fra le due guerre mondiali, quando i bambini andavano di casa in casa a chiedere generi alimentari di ogni tipo: arance, noci, biscotti, castagne secche, a queste donazioni i bambini promettevano di pregare per l'anima dei defunti del gentile benefattore. 

I tempi passano e certe superstizioni e leggende sono belle da ricordare, ognuno è libero di fare e credere ciò che vuole, ma  rimane il fatto che l'unico posto dove rimarranno sempre vivi i nostri cari sarà nel profondo del nostro cuore.


Bibliografia:

  • Umberto Bertolini http://museoimmaginario.net
  • "Usanze, credenze, feste  riti  e folklore in Garfagnana" di Lorenza Rossi, edito Banca dell'identità e della memoria, anno 2004

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