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Quando la Garfagnana si ribellò a Napoleone Bonaparte: 1796 i giorni della rivoluzione

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"L'immortalità è il ricordo che si lascia nella memoria degli
uomini. Questa idea spinge a grandi imprese. Meglio sarebbe non aver vissuto che non lasciare traccie della propria esistenza", colui che pronunciò questa frase lasciò (eccome) traccie indelebile di se in tutta Europa, sconvolse letteralmente questo continente, lo rivoltò come un calzino conquistando gli angoli più remoti di queste antiche terre,facendo arrivare le sue potenti armate perfino nella selvaggia e solinga Garfagnana. Lui è Napoleone Bonaparte e questa che andrò a raccontare è la storia di come il piccolo ed "insignificante" popolo garfagnino ebbe il coraggio di ribellarsi all'uomo e al condottiero più importante e potente del mondo.
Correva un lontano 7 maggio 1796 quando ormai le conquiste napoleoniche in Italia procedevano di gran carriera e vista persa ogni speranza di resistenza il vile Duca Ercole III D'Este padrone e signore (anche) di Garfagnana abbandonava il Ducato rifugiandosi a Venezia e lasciando al fratello don Federico Benedetto d'Este conte di San Romano la patata bollente di trattare la resa con Napoleone. La resa sarebbe stata ottenuta a caro prezzo con un atto di totale sottomissione e sborsando anche una cospicua indennità in denaro. In meno che non si dica anche il popolo volle dire la sua e Reggio Emilia sotto la spinta dei giacobini locali (n.d.r:i giacobini italiani erano coloro che appoggiavano le idee della rivoluzione
soldati napoleonici
francese) si ribellò ai vecchi governanti, dopo poco anche a Modena occupata dai francesi fu rovesciato il governo vigente, sotto gli auspici di Bonaparte instaurando di fatto un comitato di governo provvisorio di Modena e Reggio, fu a questo punto che balenò l'idea di far sollevare anche la Garfagnana e la Lunigiana per unirle alla nascente Repubblica napoleonica Cispadana. Ma la Garfagnana si trovava ancora all'oscuro dei fatti, le comunicazioni non viaggiavano come oggi attraverso le linee telefoniche, ma camminavano a dorso di mulo tramite lettera scritta, difatti fu solo il 6 ottobre che si venne a sapere di cotanti sconvolgimenti politici. Giuseppe Ricciardi commissario francese così scriveva e avvertiva Castelnuovo Garfagnana e i garfagnini tutti : -...poichè tengo inoltre molte case amiche costì, mi rincrescerebbe dovessero soffrire il minimo male...- invitando i castelnuovesi a non attendere i francesi per erigere l'albero della libertà (n.d.r: tale albero fu simbolo della rivoluzione francese, veniva collocato nelle piazze principali dei paesi, di fatto era un palo sormontato dal berretto frigio rosso e adornato di bandiere. Veniva usato per cerimonie civili e giuramenti) -...perchè se vengono costì dovete pagare le spese ed una contribuzione -. Insomma in un batter d'occhio e senza colpo ferire (il 9 ottobre 1796) Castelnuovo e la Garfagnana si trovarono ufficialmente sotto le egide napoleoniche. Nel frattempo l'albero della libertà fu eretto nella piazza principale della cittadina il 14 ottobre: - ...dopo mezzogiorno facendovi la guardia tutti i signori possidenti...-. Arrivò poi nei mesi successivi il solenne momento di incontrare il nuovo "padrone"
L'albero della Libertà
e una delegazione garfagnina partì per Modena, al Congresso Cispadano per discutere con Napoleone in persona del nuovo assetto amministrativo. Fu una delusione totale, le speranze garfagnine andarono subito deluse, la sospirata autonomia amministrativa garfagnina rimase un sogno poichè il sovrano francese era contrario ai frazionamenti dei territori in piccoli statarelli, in barba così a tutti gli ideali francesi rivoluzionari. I più rammaricati furono tutti quei giacobini di "casa nostra" che avevano esultato alla "nuova libertà", il popolo difatti cominciava già a rumoreggiare e molti erano ancora devoti alla Casa D'Este avendo goduto sotto questi regnanti ben tre secoli di pace e benefici sotto il suo mansueto governo, in pratica questi francesi con questi "strani" ideali e dalle abitudini e tradizioni bizzarre non furono congeniali a persone avvezze a tutt'altro modo di vivere e pensare. Con il passar dei giorni e delle settimane la situazione si faceva sempre più caotica,le piazze e le strade erano animate dalle grida dei ribelli, regnava praticamente il caos totale. L'anarchia si fece assoluta quando con uno scellerato provvedimento si decise di sciogliere le truppe dal forte di Mont'Alfonso e da quello delle Verrucole, lasciando così piena libertà d'azione ai facinorosi garfagnini, che di fatto sotto la guida del frate Pietro Paolo Maggesi(confessore del Duca d'Este) si rivoltarono agli eccessi della nuova dominazione. La rivoluzione vera e propria scoppiò nella notte del 25 novembre all'arrivo della posta, fu abbattuto l'albero della libertà e infrante le porte della rocca ariostesca. Il giorno dopo la ribellione continuò in tutta la sua violenza. Dal paese di Vagli giunsero ottocento persone armate di tutto punto e al grido di "Viva il duca" la rivolta ebbe il suo punto di non ritorno. Le grida della rivoluzione giunsero alle orecchie della gente delle località limitrofe che già si trovavano in paese (dato che era giorno di mercato),la prima azione clamorosa fu l'occupazione della Fortezza di Mont'Alfonso, i rivoltosi presero possesso di tutte le armi, alcuni cannoni furono trasportati in piazza pronti all'uso. Nei giorni seguenti giunse notizia che alcuni deputati napoleonici delle municipalità erano diretti a Castelnuovo per trattare con gli
Piazza Umberto I a Castelnuovo
insorti, per tutta risposta un manipolo di rivoluzionari garfagnini partì per Pieve Fosciana per catturarli, i deputati vennero a conoscenza degli intenti bellicosi degli insorti e ripararono nella rocca di Camporgiano, ma la caccia continuò e i castelnuovesi insieme ai vaglini raggiunsero anche Camporgiano, anche stavolta i napoleonici si salvarono fuggendo a gambe levate attraverso Sillicagnana,Massa e Sassorosso rientrando poi a Modena. Nel fuggire questi deputati come si suol dire lasciarono letteralmente "armi e bagagli" e in uno di questi bagagli furono rinvenute delle lettere di corrispondenza varia con alcune famiglie garfagnine  filo-Napoleone. Le famiglie in questione furono assaltate e costrette ad abbandonare la valle. I primi sintomi di cedimento però già si stavano facendo avanti, i giorni dell'entusiasmo man mano che il tempo passava si incominciavano ad affievolire, la notizia dell'insurrezione già si era sparsa in tutta la provincia, ma agli insorti non giunsero i rinforzi sperati, il resto della Garfagnana era quasi rimasto indifferente tranne che alcuni villaggi, la paura allora cominciò a prendere campo, ci si aspettava da un momento all'altro la dura repressione di Napoleone.Il nervosismo serpeggiava e i litigi e le discussioni fra i capi popolo si facevano sempre più duri e con la morte del cuore si giunse ad una clamorosa decisione: si stabilì di scrivere una lettera di pentimento, offrendo la restituzione del maltolto e chiedendo amnistia. I garfagnini avevano visto giusto perchè lo stesso Napoleone il 4 dicembre aveva già dato ordine di occupare la Garfagnana, liberare la Fortezza di Mont'Alfonso, fucilare  i capi della rivolta, bruciare qualche casa, disarmare la popolazione e poi concedere il perdono al resto dei rivoluzionari. Nel frattempo giunse la lettera in questione che chiedeva venia, ma ormai la spedizione militare era partita alla volta di Lucca il 18 dicembre, evitando volutamente il passo di San Pellegrino in Alpe per paura di agguati da parte dei rivoluzionari. La notizia che l'esercito napoleonico avanzava fece cadere nel terrore tutta Castelnuovo e la paura prese il sopravvento. Il solito fedele cronista dell'epoca così riporta: -...con destrezza i signori della Garfagnana e specialmente di Castelnuovo facendo apparire diverse staffette ben addestrate consigliarono il popolaccio a
Il generale
napoleonico Rusca
lasciare le armi e a riportare i cannoni in fortezza...-
. Si pensò inoltre (dato che la paura faceva novanta) di mandare una delegazione di prelati e notabili locali ad incontrare a Lucca il generale napoleonico Rusca per chiedere il perdono. Il perdono fu concesso e la mattina di quel lontano Natale del 1796 il generale Rusca al comando di settecento soldati fu accolto in Castelnuovo da grandi applausi. Cominciò però il regolamento dei conti, bisognava far capire a questi montanari garfagnini di non osare più di ribellarsi alla potente Francia.Con una serie di processi sommari furono eseguite cinque condanne a morte, fu disposto il saccheggio della casa del capo rivolta frà Pietro Paolo Maggesi e altre sentenze di morte furono pronunciate in contumacia per i capi rivolta che si erano già dati alla fuga. Dieci cittadini invece furono presi in ostaggio "garanti con la loro vita della fedeltà della popolazione e della provincia" e inviati a Milano. Rusca prima di lasciare la valle ricostituì le guarnigione militare a Mont'Alfonso e riordinò tutto la struttura amministrativa e politica, dopodiché con buona pace di tutti abbandonò definitivamente la Garfagnana. 

A questo punto della storia le sorti garfagnine seguiranno di pari passo le alterne vicissitudini di Napoleone. Infatti nel 1799 dopo le sconfitte francesi per opera degli austro- russi venne ripristinata a Modena la reggenza imperiale con il ritorno al potere (del vigliacco) duca Ercole. Nemmeno un anno (14 giugno 1800) la Francia torna padrona dei
La condanna a morte dei
rivoltosi garfagnini
destini garfagnini. Nel 1805 Napoleone costituisce il Regno d'Italia e l'antica Repubblica di Lucca viene trasformata in Principato con a capo la sorella Elisa, a questo principato verrà legata anche la Garfagnana. Ma poi arrivò anche il fatidico 1815 e con la definitiva

sconfitta di Napoleone a Waterloo e il conseguente esilio nell'isola di Sant'Elena anche la nostra valle vide la restaurazione delle antiche dinastie, restituendo il trono agli Estensi nella persona di Francesco IV d'Austria-Este.
Si conclude nuovamente una pagina di orgogliosa storia garfagnina, che vide in azione uomini coraggiosi confortati dalla forza delle idee. La forza di queste idee le portò impavidamente a sfidare anche l'uomo più potente del mondo... Oggi però come sarebbe?

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