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Origine, significati e misteri dei "modi di dire" toscani e garfagnini

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Cos'è tecnicamente "un modo di dire"? "Un modo di dire"è
quell'espressione che si dice essere una frase idiomatica, ossia una frase che spesso non può essere tradotta in nessun'altra lingua. In pratica è un modo con cui personalizziamo la comunicazione fra noi. Per capire ancora meglio, tale locuzione è classificata come “linguaggio automatico”, è una speciale frase o espressione dotata di un significato figurativo distinto dal suo significato letterale. Per dirla in maniera più semplice e poetica "un modo di dire" non è altro che la quintessenza di un popolo. La Garfagnana e la Toscana in genere di questi "modi di dire" ne hanno a bizzeffe e proprio dalle nostre parti hanno resistito più che nelle città, dove piano piano vengono sostituiti dallo slang giovanile. Tuttavia "un modo di dire" merita protezione e attenzione proprio come un animale in via d'estinzione, perchè queste frasi fanno parte della nostra storia e identificano quale era il nostro modo di essere e poichè taluni di questi oggi rischiano di risultare incomprensibili, mi è sembrato opportuno buttarne giù alcuni fra i più simpatici e divertenti. Ne è venuto fuori un viaggio curioso, particolare e inconsueto e mostra che nemmeno queste singolari locuzioni nascono a caso, trovando infatti origine nella storia e nel nostro modo di vivere. Quante volte abbiamo sentito dire dalla nostra mamma "roba da chiodi!", "un modo di dire" che alluderebbe ad argomentazioni insostenibili,
inconcludenti; a ragionamenti che non hanno nè capo nè coda, ebbene questa frase troverebbe origine dai fabbri, dato che un tempo proprio per fabbricare i chiodi si usavano gli avanzi del ferro, quindi in senso traslato "roba da chiodi" si riferisce ad un comportamento non corretto, quasi spregevole come era la materia di scarto con cui erano fabbricati. Altra ipotesi dice che tali ragionamenti sono talmente senza senso che per stare in piedi devono idealmente essere rinforzati con i chiodi. E cosa s'intende quando si dice "alla Carlona"? Per significare che una cosa è fatta senza pretese? Alla buona insomma. Bhè, tale Carlona non era una paffuta signora  che faceva le cose così tanto per farle, anzi, questa parola si riferisce nientepopodimeno che a "re Carlone", ossia a Carlo Magno in persona, che anche dopo l'incoronazione a Sacro Romano Imperatore non rinunciò mai alle sue abitudini e ai suoi abiti un po' grossolani. Pensate un po' questo modo di dire è antichissimo, è attestato nella letteratura italiana sin dal 1400 da Pietro l'Aretino. Sempre a proposito di re, regine e alti dignitari il detto "andare a Canossa" ci riguarda da molto vicino, poichè "Nostra Signora" Matilde di Canossa,
Matilde di Canossa
Grancontessa e Vicaria Imperiale, nonchè "padrona di tutta la Garfagnana" rientra a buon titolo in questa espressione, dato che tale frase deriva da un noto fatto storico e significa "umiliarsi, piegarsi di fronte a un nemico, ritrattare, ammettere di avere sbagliato, fare atto di sottomissione". Essa trae infatti origine dall'avvenimento occorso a Canossa (proprio nel castello di Matildenel rigido inverno del 1077, allorquando l'imperatore Enrico IV attese per tre giorni e tre notti, scalzo e vestito solo di un saio, prima di essere ricevuto e perdonato da Papa Gregorio VII, con l'intercessione della stessa Matilde di Canossa. Altri modi di dire traggono invece il loro concetto principale dalla vita contadina e se ormai nella desueta frase "consolarsi con l'aglietto" (a
ccontentarsi di poco. Deriva da "aglietto", cioè aglio giovane, non ancora formato, senza spicchi. Quindi contentarsi di cosa di poco valore), molte altre di queste espressioni sono ancora assai presenti nel nostro modo di parlare come: "fare di tutta un erba un fascio", ovvero generalizzare eccessivamente, un po' come facevano le nostre nonne quando per pulire i campi raccoglievano tutte le specie di erbacce in un solo fascio, senza distinguerle. E che dire poi di una cosa (o talvolta una persona) "fatta con il pennato"? Quello che è sicuro che per cesellare e fare un lavoro di
fino su un pezzo di legno non serve il pennato, questo attrezzo è adatto per lavori grossolani: sbozzare, sgrossare, tagliare... Sempre riferito al mondo rurale esiste ancora un'altra fase: "Oggi in piazza c'era un tritello, un si passava...", tradotto: "Oggi in piazza c'era talmente tante gente che non si passava", o si può anche dire "
fare un tritello" ("fare un macello"). Ma cos'è il tritello?. Il tritello è il sottoprodotto dei cereali, quello che i contadini ottengono rimacinando questi prodotti. Quindi, in sostanza, di un tritello non si riconosce più niente, tutti i cereali vengono sminuzzati insieme a mo' farina in modo da non distinguerli più. Non dimentichiamoci, sempre in questo ambito
 l'espressione "è grasso che cola", ovvero, quando le cose ci sono in abbondanza, anche se più precisamente fa riferimento ad un'impresa dalla quale si ricavano utili superiori al lavoro eseguito. Comunque sia il grasso in questione è il grasso del
maiale, una vera e propria ricchezza nella civiltà contadina, dal momento che, come si suole dire, "del maiale non si butta via niente", tanto meno il grasso, che veniva usato per una miriade di utilizzi come l'illuminazione, per ungere i "barocci", per cucinare e altro ancora. Adesso guardiamo quei modi di dire riferiti alla persona e più precisamente vediamo cosa s'intende quando da giovanotti si andava "
a fare franella", cioè quando andavamo a baciarsi con la fidanzatina, a farsi effusioni... per farla breve... a pomiciare. Insomma la parola "franella"è una storpiatura della parola francese "flaner", cioè "bighellonare", ma bighellonare dove... Anticamente si diceva quando i lor signori andavano in giro per bordelli e per "testare" le signorine di turno si prodigavano in effusioni amorose, scegliendo quella che poi avrebbero preferito. E quando si dice che quei due sono "culo e camicia" che significa? Non significa altro che queste due persone sono in perfetta sintonia fra loro, come al tempo che fu erano il culo e la camicia. Il riferimento risale all'epoca in cui le mutande non erano un granchè usate e nemmanco di moda  e per riparare le parti intime si usavano camicie abbastanza lunghe che restavano a contatto diretto anche con il culo. Vediamo adesso locuzioni prettamente legate a parole dialettali e così dal noto vocabolo garfagnino "uscio" nasce anche questa ennesima espressione: "secco come un uscio", ossia "magro come una porta". Naturalmente, in questa sfera che riguarda la persona e il dialetto "stretto"è impossibile tralasciare uno dei nostri detti principe, ossia "non fare lo sciabigotto" (riferito ad una persona buona a nulla, un incapace). Anche questa espressione trae origini dalla storia "nobile",
purtroppo l'ipotesi 
non è provata nè documentata, ma la tradizione dice che nel corso di una visita di Napoleone a sua sorella in quel di Lucca, il condottiero ebbe l'idea di affacciarsi dalla finestra di Palazzo Ducale per salutare la folla plaudente, non tutti però erano plaudenti e festosi e una parte di questa folla cominciò a rumoreggiare in segno di protesta verso le imprese dell'imperatore francese, al che un po' sconcertato e arrabbiato si rivolse verso sua sorella Elisa e disse: "Cosa vogliono questi chien bigots?"("Cosa vogliono questi cani bigotti?"), da qui le autorità italiane li presenti e che erano intorno a Napoleone presero ad intendere la parola "sciabigotto", intesa però da loro in riferimento a persone "buone a nulla", come quelle che erano in piazza a protestare. Come vedete di "modi dire" ce ne sarebbero moltissimi e stravaganti che verrebbe voglia di scriverli tutti, ma prima di chiudere l'articolo non posso esimermi di tralasciare quelli riguardanti Pisa. Simpatico e bizzarro è quel "modo di dire" che da bimbetto quando mi appisolavano sul divano di casa la mamma mi avrà detto centinaia di volte:"Ecco, arrivano i pisani!" e io mi domandavo sempre - Ma questi pisani che vorranno da me !-. Da me
niente, ma a Lucca, ai tempi delle annose lotte fra le due città si ricordavano spesso quella notte che in un'incursione notturna le armate pisane attaccarono i territori limitrofi di Lucca, quando i lucchesi stavano dormendo; la sortita riuscì proprio perchè gli avversari dei pisani, non riuscirono a tener gli occhi aperti dal sonno: dunque i pisani arrivano quando ci si sta per addormentare. Sempre su Pisa ne esiste un altro di "modi di dire" che dice
"fare come i ladri Pisa" e i ladri di Pisa cosa hanno di diverso dagli altri ladri? La tradizione toscana vuole che i ladri di Pisa andassero a rubare insieme durante la notte e poi di giorno litigassero fra di loro per dividersi il bottino. Oggi tale frase è riferita a coloro che nonostante liti e diverbi continui sono sempre uniti. Mi accingo allora a concludere questo scritto sperando che sia piaciuto a tutti voi e che non sia  "un fiasco", un fallimento insomma, non vorrei fare proprio come quell'attore che narrava di quell'episodio 
 avvenuto in un teatro di Firenze, dove un famoso artista era solito esibirsi con particolari smorfie e facce divertenti nei confronti di alcuni oggetti. Una sera decise di portare sul palco un fiasco da vino. Invece di divertirsi, il pubblico si annoiò e cominciò a fischiarlo rumorosamente. Da allora il "modo di dire" viene utilizzato quando si va del tutto contro le aspettative. Quindi chiudo con una riverenza ai miei lettori che ringrazio e saluto, brindando con "il bicchiere
della staffa
", cioè l'ultimo bicchiere (di vino) della giornata prima di congedarsi da un luogo qualsiasi o ancor più precisamente da un osteria, dove gli avventori del 1800 usavano bere l'ultimo bicchiere quando già avevano un piede nella staffa del cavallo, pronti per salire in sella e tornare a casa... Alla salute allora !!!

Bibliografia 

  • "Dizionario Garfagnino, l'ho sintuto dì" di Aldo Bertozzi, edizioni L.I.R, anno 2017
  • Raccolta di Proverbi Toscani di Giuseppe Giusti e pubblicato da Gino Capponi, Le Monnier Firenze, anno 1871


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