Quello che è indubbio è che di leggende in Garfagnana ne abbiamo
veramente tante, è un mondo vastissimo, un'infinità di storie che si rifanno alle nostre usanze, alcune spiegano l'origine di feste, riti e costumi, altre raccontano perfino l'origine di determinate ricette, altre ancora sono invece legate al paesaggio, magari inerenti ad una casa diroccata o forse a un antico ponte. Alcune leggende infine esaltano un personaggio, a volte famoso, a volte legato al misero "popolino". Difatti quando questi racconti narrano di persone veramente esistite scopriamo che la leggenda racconta una cosa e la verità storica un'altra, ma di tanto in tanto scopriamo qualcosa che appartiene ad entrambi, fondendosi così in un unica narrazione. Questo è il caso di questa leggenda che sto per raccontarvi è una leggenda nata a Gallicano ed ha la particolarità di riferirsi ad un fantasma. I fantasmi ad onor del vero non sono molto presenti nelle leggende garfagnine, spesso le nostre leggende sono legate a personaggi fantastici come il Buffardello, la Margolfa, gli streghi, altre ancora si rifanno ai cosiddetti luoghi della paura, altre si riferiscono ai santi, ma poche sono connesse a persone morte (realmente esistite) diventate in seguito (secondo leggenda) fantasmi. La nobildonna lucchese Lucida Mansi appartiene a questoLucida Mansi |
Il vecchio mulino di Ponte alla Villa poggia le sue fondamenta
sulle rocce che costeggiano il letto del torrente Turrite. Lì, appena sopra il pelo delle acque, è sistemata la grande ruota ruota di legno che dava il moto alle macine. Dalla vicinissima strada provinciale si scorgono però soltanto il tetto e il piano più alto dell'edificio. Nelle due stanze poste su quel piano abitava solitario, nell'anno 1876, un anziano mugnaio di nome Giacomo. Era costui un tipo di poche parole, piuttosto scontroso, ed era anche noto per la sua avarizia. Ai ragazzi incuteva un certo timore anche per il suo aspetto fisico: alto e massiccio, sempre bianco di farina da capo a piedi, risaltava in modo truce sul suo volto una benda nera che gli copriva l'occhio sinistro. Nessuno conosceva le cause di quella ferita e circolavano in proposito vecchie storie. La maggior parte dicevano che in gioventù fosse stato imbarcato su una nave pirata; e sostenevano inoltre che si fosse procurato durante un arrembaggio la larga cicatrice che gli attraversava la parte destra del petto. Per questi motivi i ragazzi del paese, quando erano ben sicuri che non li potesse sentire, parlandone sotto voce fra loro, lo chiamavano “Giacomo il pirata”. In realtà il vecchio badava silenziosamente alle sue faccende e non dava noia a una mosca. Non sarebbe però esatto dire che non aveva nemici, perchè molta gente che si rivolgeva al suo mulino se ne tornava scontenta perchè gli sembrava troppo pignolo quando tratteneva la molenda. E, in un'epoca in cui la gente lavorava dodici ore al giorno per guadagnare un tozzo di pane, anche un chilo di farina era una benedizione del cielo. L'unica persona con la quale Giacomo si mostrava affabile era un fratello minore, di nome Cesare, che faceva il ciabattino in Campilato. Non si sarebbe detto che i due fossero fratelli tanto erano diversi: per quanto Giacomo era serio e schivo, altrettanto Cesare era allegro ed espansivo, sempre pronto alla burla. Forse proprio perchè era così diverso da lui, forse perchè ormai era l'unico familiare che avesse, il mugnaio era molto affezionato al fratello e si considerava per lui come un padre. Per questo motivo gli abitanti del Ponte alla Villa rimasero impressionati quel giorno che udirono grida fortissime nel mulino e videro uscire il ciabattino sbattendo l'uscio ed andandosene verso Campilato su tutte le furie. Il mattino successivo Brigida, una giovanetta figlia del pastore che abitava allora “Sulla Valle”, se ne partì di buon ora, come ogni giorno, per portare a pascolare le pecore. Giunta al bivio detto “del Brillo”, alla tenue luce dell'alba, le sembrò di vedere un essere umano sdraiato all'inizio del ponticello che conduce verso Campilato. La fanciulla si avvicinò piano piano, col cuore che gli batteva forte,Campilato |
Loc. Il Brillo il cerchio giallo indica dove fu trovato il cadavere del mugnaio |
In una triste mattina invernale Cesare fu portato al patibolo, la forca era stata appositamente innalzata in Piazzetta, la gente per il macabro evento si era accalcata sul luogo dell'esecuzione, perfino dalle finestre delle abitazioni si aspettava il compimento. Probabilmente a tale vista il condannato cominciò a maledire i presenti e si lanciò nel peggiore degli anatemi: il fantasma del fratello Giacomo nelle notti di luna piena avrebbe vagato per il paese di Gallicano, partendo proprio dal luogo della sua uccisione. Queste minacce però non spaventarono il boia che, alle ore 6:15 del 13 novembre 1876, eseguì la sentenza alla presenza delle autorità. L'impressione che questo fattaccio ebbe sui gallicanesi fu sconcertante, si vociferava nei mesi e negli anni seguenti di strane presenze nel castello del paese, le persone
Piazzetta San Giovanni luogo dell'esecuzione |
Dopo 136 anni quella "mestaina", oggi, 2020, è ancora lì, per esorcizzare ogni turbamento, nel medesimo luogo dove fu trovato cadavere il mugnaio Giacomo, anche quel ponticello che nel 1876 era
La mestaina oggi |