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La famiglia ebrea Kienwald di Castelnuovo...Una storia di guerra finita bene.

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Non sempre tutte le storie di guerra hanno una brutta fine.Certamente guerra non vuol dire felicità e spensieratezza, ma dalla  disperazione e dal dolore in certi casi si può anche
famiglie ebree deportate
miracolosamente uscire.Questa è la storia della famiglia polacca Kienwald che abitava a Castelnuovo Garfagnana.Come !?Mi chiederete voi, Kienwald non è un cognome tipicamente nostrale...e infatti il problema era proprio quello.Allora facciamo chiarezza. Castelnuovo nel periodo che va dal 1941 al 1943 era diventato paese per famiglie ebree internate.Qui queste famigle facevano la loro vita normale, ormai si erano ambientate in tutto e per tutto.Tutti avevano un lavoro, i bambini giocavano e scherzavano con gli altri piccoli del luogo, tutto in barba alle mostruose leggi razziali del 1938.Ma i tempi erano oscuri e le prospettive preoccupanti e così in questo terribile clima arrivò anche il 1943 e per tali famiglie arrivò l'ordine dal comando tedesco che fossero tutte trasportate a Bagni di Lucca, nel campo di concentramento locale e da li sarebbe seguita la deportazione nei campi di sterminio. A quel punto alcune famiglie tentarono la fuga e fra queste la famiglia Kienwald. La storia di questa famiglia è raccontata nel bellissimo libro "L'orizzonte chiuso-L'internamento ebraico a Castelnuovo Garfagnana"di Silvia Angelini,Oscar Guidi e Paola Lemmi.La famiglia Kienwald era composta da Oscar Kienwald,, dalla moglie Rachele Nadel e dai figli Erwin e Leonard.
L'Alpe di Sant'Antonio in quel periodo
(foto collezione Fioravanti)


 La storia, narrata dallo stesso Leonard uno dei figli e comincia il 5 dicembre 1943. Quella mattina tutti gli ebrei di Castelnuovo avrebbero dovuto trovarsi presso la caserma dei carabinieri per il previsto trasferimento a Bagni di Lucca. Ma la famiglia Kienwald aveva deciso di sottrarsi a quel destino e, a piedi, si era diretta verso la valle della Turrite Secca risalendola. Giunti al Pizzorno attraversarono il torrente e penetrarono nel bosco risalendo verso l’Alpe di Sant’Antonio. Durante la salita si fece buio e i quattro trovarono rifugio in una capanna. Al mattino successivo giunsero all’Alpe di Sant’Antonio dove, presentandosi come sfollati, in qualche modo riuscirono a sistemarsi. Dice Leonard che lui e suo fratello presero a lavorare per i contadini dietro compenso di generi alimentari sufficienti per sopravvivere. I rapporti con la popolazione erano sostanzialmente buoni (molti degli abitanti del luogo ancora li ricordano) e le condizioni di vita accettabili, per cui i  Kienwald forse pensavano di poter attendere qui, al sicuro, la fine della guerra. Ma le cose, purtroppo per loro, andarono diversamente. Nella primavera del 1944 i partigiani del Gruppo Valanga si erano insediati proprio in quella zona e verso la fine di agosto avevano ucciso un sottufficiale tedesco che, con una pattuglia, era risalito fin lassù. La reazione tedesca fu immediata e terribile: il 29 agosto attaccarono i partigiani che si erano attestati sul monte Rovaio,(n.d.r: come già raccontato nel post intitolato:"29 agosto 1944.Settant'anni fa la controversa battaglia del Monte Rovaio.Una brutta storia fatta di morte e (presunti) tradimenti") lo risalirono uccidendone una ventina e mettendo in fuga i sopravvissuti. Dopo di che incendiarono tutte le case dei luoghi che avevano ospitato i partigiani. Anche il casolare che ospitava i Kienwald fu incendiato. La situazione era, adesso, più difficile e i Kienwald, dopo essere sopravvissuti in qualche modo fino al novembre, presero in considerazione l’idea di mettersi in salvo passando il fronte. Pare prendessero contatto col maggiore Oldham, comandante della divisione partigiana Lunense.Fatto sta che un mattino, doveva essere il 23 o il 24 di novembre,  i quattro membri della famiglia Kienwald salirono alle Rocchette dove
Vergemoli oggi
trovarono dei partigiani che li riconobbero come ebrei (uno dei partigiani era di Castelnuovo e li aveva conosciuti in passato) e li fu la fortuna, il destino che certe volte ti annienta mentre altre volte ti bacia.In questo caso fu il bacio,poichè i giorni precedenti alcuni operazioni militari condotte dai partigiani avevano fatto letteralmente breccia nel fronte.Mai breccia fu così provvidenziale, la zona in quel momento era completamente sguarnita di soldati.Quel breve intervallo di tempo fu fatale per i Kienwald che poterono, con l’aiuto dei partigiani, attraversare le linee, e scendere a Vergemoli, che si trova proprio lì sotto e che era già occupato dagli americani...Tutta la famiglia al completo si salvò.Gli americani rifocillarono e fornirono un riparo caldo a tutta la famiglia. Quando la guerra finì la famiglia al gran completo fece ritorno in Polonia dove continuò la sua normale vita consapevole della grande fortuna avuta e il pensiero era rivolte sempre alle famiglie dilaniate nei campi di morte. A Leo Kienwald lo stato italiano nel 1966 conferì la croce al merito di guerra.




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