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I Gurkha nepalesi, soldati dimenticati nella storia della Garfagnana

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Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Nuova Zelanda, Sud Africa,
Francia, Polonia, Italia, Brasile, India, Nepal, Belgio, Jugoslavia, Grecia, Terranova, Caraibi, Siria-Libano, Cipro, Senegal, Lesotho, Swaziland, Botswana, Seychelles, Mauritius. No, non è una sorta di "villaggio globale", ma fu lo stesso generale inglese Alexander che nelle sue memorie sui tragici fatti della Campagna d'Italia, durante la seconda guerra mondiale, elencò di avere avuto a sua disposizione contingenti militari di ben ventisei nazioni, una vera e propria Babele di razze e di lingue che si presentarono per la prima volta di fronte all'attonito popolo italiano. Anche i garfagnini per la prima volta si trovarono davanti a persone dalle fisionomie diverse dalla loro, molti furono presi da un vero e proprio senso di sbigottimento, lo stupore di trovarsi davanti persone "diverse" che parlavano un'altra lingua e avevamo abitudine differenti fu un vero shock, perdipiù (anche se alleati) la diffidenza aumentava: questi uomini erano armati fino ai denti. 
In Garfagnana, sul fronte della Linea Gotica si attestarono soldati
Soldati americani della
92a divisione Buffalo
di diverse nazioni, oltre ai tedeschi (che nelle loro truppe avevano austriaci, slavi e polacchi), c'erano americani (sopratutto gli afro-americani della 92a Divisione Buffalo) e i Brasiliani della F.E.B, che insieme furono i protagonisti assoluti dello scenario bellico garfagnino, ma ci furono altri soldati che quando furono chiamati a supporto della V Armata Americana si fecero trovare subito pronti e anche se il loro intervento nella valle fu marginale, non gli è stato mai riconosciuto il merito che probabilmente gli spettava, bene o male sarebbero stati pronti a morire per la liberazione della Garfagnana, proprio come gli stessi brasiliani e americani, il destino e gli eventi poi gli evitarono di scendere direttamente in battaglia, ma questo è un altro discorso. Questi soldati facevano parte dell' VIII Armata Britannica, ma erano tutt'altro che inglesi, erano i nepalesi della Brigata Gurkha.


Fieri, coraggiosi, leali fino alla morte hanno combattuto a fianco degli inglesi in tutte le guerre, la regina Vittoria li chiamava "i miei piccoli orientali così prodi e fedeli". Fedeli, in quanto erano legati da un debito di gratitudine alla corona inglese che li aveva difesi durante un invasione cinese. 
"Ayo Gurkha!", era il grido di battaglia che da oltre un secolo e mezzo precedeva l'attacco che lanciavano ai nemici di Sua Maestà. La loro tipica arma era il kukri, un micidiale coltello dalla lama ricurva e il loro nome deriva dalla città nepalese omonima. Piccoli, robustissimi erano i figli della dimora dei ghiacci: L'Himalaya, il loro coraggio veniva proprio da quella terra, dallo dura lotta con la vita e in questo se si vuole e con le dovute proporzioni erano simili ai garfagnini, dato che fin dalla
Il Kukri arma tipica dei Gurkha
nascita i genitori abituavano i loro figli a non sentire la fatica, a camminare molte ore al giorno per cacciare e per procurarsi i beni essenziali. Fieri e sicuri di se si rivelarono combattenti ideali per situazioni disperate, quando ogni altro reparto sembrava ormai sconfitto e con il morale sotto i piedi, allora venivano chiamati i Gurkha, proprio come nel caso della celeberrima Battaglia di Natale che si svolse in Garfagnana tra il 26 e il 28 dicembre 1944. Un'offensiva tedesca che sbaragliò le posizione alleate respingendoli di diversi chilometri, che vide, nonostante la valorosa reazione, il pauroso sbandamento della 92a Divisione Buffalo. Gli afro americani si erano ritirati in maniera disordinata per oltre dieci chilometri, lasciando, armi, munizioni,viveri e attrezzature nelle mani del nemico. La situazione a questo punto era allarmante per gli alleati, bisognava tappare la falla che si era creata su quel tratto di Linea Gotica garfagnina. Già da giorni però gli americani avevano notato strani movimenti di truppe tedesche e fu deciso così di mettere in allerta anche l'VIII Divisione Indiana e i Gurkha che ne facevano parte. Nel solito mese infatti, la 2a Divisione Neozelandese, insieme alla Divisione

Indiana, liberarono Faenza sul settore Adriatico della Linea, di fatto la resistenza sul fronte si fece più tranquilla, fu così, per questo motivo che Gurkha furono mandati in supporto alla disfatta alleata che si stava compiendo in Garfagnana. Quando arrivano però i valorosi soldati nepalesi, i tedeschi si erano già ritirati sulle posizioni di partenza, pertanto non ci fu nessun intervento diretto nella battaglia, ci furono però casi sporadici di guerriglia contro uomini della San Marco che stavano ripiegando, alcune unità d'avanscoperta dei Gurkha furono attirate in un'imboscata che si concluse con la distruzione di due mezzi blindati e la perdita di diversi soldati da ambo le parti. Altra documentazione sulla loro presenza(almeno a me)oltre ai fatti nudi e crudi dei loro interventi in Garfagnana non rimane, rimangono però impresse nella mente le parole di un anziana e minuta donna nepalese, moglie di Santa Bahaudur Rai, soldato Gurkha, morto in Garfagnana per circostanze sconosciute: "Non ricordo quando mio marito si arruolò. Dopo circa sei anni seppi che era arrivata una lettera. Mio suocero non si preoccupò di spiegarmene il contenuto. Mi disse solo che mio marito non c'era più, e che avremmo dovuto
celebrare i riti funebri. Seguii semplicemente le istruzioni e feci quanto mi chiesero di fare. Non potevo credere che mio marito fosse morto. Non ho mai visto il suo cadavere. Mio padre avrebbe voluto che mi risposassi. Ma non sono mai riuscita a dimenticarlo. Mantengo ancora la speranza che un giorno possa apparire di nuovo. In più di un'occasione ho sentito dire che era ancora vivo ed era stato promosso capitano"(n.d.r.: testimonianza raccolta da Luca Villa dell'Istituto beni culturali).Di li a poco i valorosi nepalesi vennero trasferiti a Pisa per un periodo di riposo. Ma quello che non fecero in Garfagnana,fu fatto prima a Montecassino e poi sempre sulla Linea Gotica nella parte adriatica, fu li in quella zona d'Italia  che lasciarono un segno tangibile del loro valore, tanto che a Rimini esiste il "Rimini Gurkha War Cimitery" dove sono sepolti 790 "Royal Gurkha Rifleman", si stima che in Italia persero la vita circa diecimila uomini, tutti
"Rimini Gurkha War Cimitery"
giovani di età compresa fra 18 e 26 anni. Ci furono molti atti di coraggio, come accadde a Sher Bahadur Thapa insignito della Vittoria Cross, il massimo riconoscimento conferito ad un soldato al servizio di Sua Maestà Britannica, per aver tentato insieme ai suoi compagni di espugnare San Marino o Thaman Gurung che ebbe la stessa sorte due mesi dopo presso Monte San Bartolo. Oggi i Gurkha esistono sempre, sono 3640 soldati, facenti parte di uno dei più prestigiosi corpi militari del mondo. Ormai è dal 1815 che prestano servizio per la corona del Regno Unito, il loro ultimo compito è stato quello di sorvegliare lo storico incontro tra il presidente americano Trump e quello
nordcoreano Kim Jong-Un. Ma quello che non si può dimenticare è che furono inviati a combattere in un Paese lontanissimo da loro; si chiamava Italia e all'Italia donarono il loro coraggio, i loro sogni e la loro stessa vita.   




Bibliografia:

  • "Arrivano i Gurkha" di Luca Villa, casa editrice "Il Ponte" anno 2007
  • "Il Rimini Gurkha War Cimitery", oltremagazine.com, di Daniela Argiropulos, ottobre 2009

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