"Popolo di santi, poeti e navigatori". Con questa famosa frase Benito Mussolini definì gli italiani. Era il 2 ottobre 1935 e da poco era cominciata la conquista dell'Abissinia, le Nazioni Unite condannarono l'Italia per questa aggressione e Mussolini volle giustificare questa invasione parlando di un popolo italiano apportatore di civiltà nei secoli in tutto il mondo. Questa citazione rimase così impressa nella memoria di tutti che tre anni dopo !1938) fu scolpita a chiare lettere nel nuovo e moderno Palazzo della Civiltà Italiana, meglio conosciuto come Palazzo dell'EUR di Roma, ancora oggi campeggia fieramente nella sua facciata principale. Tutto questo per dire e confermare la tesi mussoliniana. In effetti non si può dire che in Italia manchino sublimi poeti, famosi navigatori e sopratutto una moltitudine di santi quasi incalcolabile ed è quindi impossibile che tutti questi santi non abbiano lasciato segno di se anche in terra di Garfagnana. Ecco allora nascere nella nostra valle racconti e leggende sul passaggio di questi santi uomini venuti da lontano, alcuni lasceranno segni indelebili della loro presenza tanto da essere ancora oggi venerati
e spesso queste leggende si confonderanno con la storia, tanto da creare una sorta di superstizione devozionale nei garfagnini. Ad esempio ecco tre storie che fanno proprio al caso nostro e fondono (come detto) al contempo storia e leggenda, tanto da non capire dove comincia l'una e finisce l'altra. La prima narrazione riguarda San Doroteo, amico fraterno del più famoso San Pellegrino
SAN DOROTEO
In tutta la Valle del Serchio, data la conformità del suo territorio
era molto praticata la vita eremitica. Gli eremi sorgevano nella parti più impervie della Garfagnana e gli eremiti li stavano a scopo ascetico e spesso operavano in maniera caritatevole fondando degli "hospitali". A Cardoso infatti esisteva l'Ospedale di San Concordio di Colle Asinaio (oggi Colle Acinaia), successivamente venne sostituito dall'Ospedale di San Tiroteo nella pieve di Gallicano e questa è la prima testimonianza di culto di San Doroteo che potrebbe risalire intorno al X secolo. Si presume infatti che questo frate nato in Palestina fosse un eremita ospedaliere proprio dell'hospitale di Colle Asinaio, li vi giunse con San Pellegrino, uno decise di proseguire, mentre l'altro decise di fermarsi. A questo punto ecco cosa riporta lo storico Giuseppe Moriconi in uno scritto del 1928.
"San Doroteo era un compagno di San Pellegrino, insieme col quale peregrinava visitando i Santuari e macerandosi le carni di aspre penitenze. Quando San Pellegrino, seguendo l'impulso del cuore che era impulso divino, si portò sulle alpi di Castiglione per liberare dalle fiere (n.d.r:animale selvaggio o feroce)la gran selva tenebrosa. Doroteo lo seguì lungo la via risalendo il corso del Serchio. Giunti nelle selve di Cardoso, attraverso le quali passava la Via Romana, i santi si baciarono, s'incoraggiarono l'un con l'altro a sostenere con fermezza le lotte del demonio e della carne e si dettero l'addio per vivere solitari una vita eremitica e caritativa nella contemplazione e nella penitenza. San Pellegrino proseguì il viaggio e San Doroteo rimase nella foltissima selva di Cardoso, dalla quale poteva scorgere la selva tenebrosa dove il compagno si portava ad ammansire le fiere che dilaniavano gli uomini. Stanco dal lunghissimo viaggio, affranto dai disagi e dalle fatiche San Doroteo si adagiò sulla nuda terra, all'ombra pia di un castagno e fatta preghiera si addormentò. Doroteo la mattina dopo si risvegliò cullato dal canto soave degli uccellini. Cercò l'acqua ma non la trovò e ispirato dal cielo con il suo bastone fece un buco nel terreno dove cominciò a sgorgare acqua in abbondanza, si dice che quella è la fontana che zampilla ancora adesso presso la chiesa di Cardoso. Si costruì poi un rifugio di rami di albero ricoperti di terra. Nella selva di Cardoso il santo visse molti anni una vita rigidissima rivestito di pelli di animale e di corteccia di albero intessuta. Passava giorni e notti perlustrando la foresta per rimetere sulla buona via i viandanti che per disgrazia si erano persi. Li accompagnava presso i sentieri che portano a Valico e per quelli che portano verso la Palodina che conducono a Gallicano, talora li aiutava pure a guadare il Serchio. Si cibava di radici,
ghiande ed erbe selvatiche e si dissetava dalla fontana scaturita dalle sue mani sante. Spesso rivolgeva lo sguardo sul monte dove si trovava il suo amico San Pellegrino, non mancava nemmeno che i due santi si salutassero dandosi segnali con il fuoco dei falò che incendiavano nel cuore delle notti, dalle selve di Cardoso infatti si vede benissimo l'alpe di Castiglione. Arrivò anche il momento della morte per entrambi i santi che spirarono quasi lo stesso giorno. I funerali di San Pellegrino furono certo più clamorosi per la presenza di vescovi e da bestie feroci ammansite che scavarono la fosse per seppellire il santo. San Doroteo invece fu sepolto senza nessun clamore da alcuni abitanti vicini, forse proprio quegli abitanti che costituirono il primo nucleo del paese. Quasi subito si gridò alla santità e quasi subito eressero una chiesetta sulla sua tomba. Il Signore volle confermare la santità del buon Doroteo concedendo che sulla sua tomba molti infermi si ritrovassero risanati e che la fontana che non ha periodi di magra fosse salubre e prodigiosa nei malori. Una volta la chiesa di San Doroteo fu inondata da un ruscelletto che le corre vicino l'acqua raggiunse un metro di altezza ma lasciò incredibilmente asciutta la tomba del santo".
SAN GUGLIELMO D'AQUITANIA
Questa è la meravigliosa e avventurosa storia di Guglielmo d'Aquitania, un santo poco conosciuto in Garfagnana, la sua storia
però vale la pena di essere raccontata. Il Repetti sostiene che il santo vissuto in Toscana sia un certo Guglielmo il Grande, così detto per il suo imponente fisico, proveniva con ogni probabilità dalla buona società di Francia e la tradizione lo ricorda come San Guglielmo duca d'Aquitania. Condusse una vita dissoluta, peccaminosa, prima divenne brigante, poi ripudiò la moglie e infine parteggiò per l'antipapa Anacleto. San Bernardo di Chiaravalle lo ricondusse sulla retta via e alla conversione. Cominciò così un pellegrinaggio in Galizia a Santiago di Compostela, raggiunse poi Roma per arrivare al cospetto di Papa Eugenio III in persona dove chiese perdono dei propri peccati, il Papa gli impose un lungo pellegrinaggio in Terra Santa, al suo ritorno raggiunse la Toscana entrandovi dall'alta Garfagnana. A questo punto ecco fiorire svariate leggende popolari. Scendendo proprio dal nord della Toscana uno dei primi paesi che si incontra entrando in Garfagnana è Minucciano dove proprio si fermò Guglielm
o. Giunto in paese bussò alla porta della famiglia Sarteschi per chiedere ospitalità per la notte. Il pover'uomo non mangiava da molti giorni, i componenti della famiglia Sarteschi gli diedero quindi da mangiare e da bere e lo fecero accomodare in casa presso il grande camino dove un fuoco ristoratore riscaldò le stanche membra del futuro santo. La mattina seguente Guglielmo era già partito di buon ora e aveva lasciato nel letto una carta con scritto a lettere d'oro il suo nome, si racconta che lasciò anche un'altro prezioso dono alla famiglia Sarteschi, una preziosa erba, conosciuta oggi come "erba di San Guglielmo", un erba che ha il privilegio di curare malattie come la foruncolosi, il "giradito" o il vespaio (n.d.r:malattia infiammatoria acuta della pelle). Per curarsi da questi malanni arriveranno a Minucciano da tutta la Garfagnana e anche dalla Versilia, quest'erba veniva prima essiccata e polverizzata e poi applicata sulla parte malata. Un forte fondamento di verità ci deve essere in questa leggenda, dato che la stessa università di Pisa nei trattati di medicina del 1600 e del 1700 parla di queste affezioni come di "Morbo Minuccianensis" e l'erba e riconosciuta scientificamente come "l'agrimuda eupaterica". Fattostà che negli anni la stanza dove aveva alloggiato il santo fu trasformata dalla famiglia Sarteschi in una piccola cappella e ancora oggi in questa casa(in Via San Guglielmo n 11) è apposta una targa commemorativa:"Qui ospitato, qui ebbe oratorio S. Guglielmo. Casa Sarteschi questa memoria pose."
SAN GEMINIANO
Questa invece è la breve storia del vescovo che non volle diventare
vescovo. Geminiano fu per molto tempo diacono del vescovo di Modena Antonio e quando questi morì Geminiano fu designato all'unanimità suo successore. Il sant'uomo non se la sentiva di caricarsi sulle sue spalle tanto responsabilità e fuggì da Modena nonostante le insistenze dei fedeli. I segni della volontà divina e la pressione delle persone fu talmente alta e fece si che Geminiano dovette accettare l'elezione. Le paure del nuovo vescovo ben presto sparirono, le cronache ci raccontano che il suo magistero fu davvero esemplare, riusci a convertire tutta la città di Modena al cattolicesimo, le sue doti di taumaturgo giunsero perfino alle orecchie dell'imperatore Gioviano che lo volle a Costantinopoli per liberare sua figlia dal demonio. Geminiano morì in odore di santità nel 397, sulla sua tomba fu costruita la prima cattedrale di Modena, il suo sepolcro non fu più aperto fino a quando non venne trasferito nel duomo in costruzione. Il 7 ottobre 1106 alla presenza di Papa Pasquale II e la contessa Matilde di Canossa la bara fu aperta, ne furono tolte delle reliquie e il Papa lo consacrò santo. Ma dove fuggi Geminiano per paura di diventare vescovo? Fuggì sulle pendici settentrionali dell'Alpicella delle Radici non distante da San Pellegrino, ancora oggi ci sono dei prati che si chiamano appunto i "prati di San Geminiano" e ricordano proprio i posti dove si rifugiò prima di essere notato da alcuni pastori del luogo, fu costretto così (come detto) a tornare ben presto a Modena per accettare la nomina . Prima di partire però volle mangiare un piatto di insalata, seminata il mattino stesso ma già cresciuta bella e lussureggiante. Ancora oggi in quei luoghi per dire che una cosa è successa in maniera molto rapida si dice che "è come l'insalata di San Geminiano" .
Queste sono solo alcune storie che legano i santi e la Garfagnana, ciò conferma il legame che la nostra terra ha con la Chiesa, un legame che nei secoli non sempre sarà apportatore di bene...
e spesso queste leggende si confonderanno con la storia, tanto da creare una sorta di superstizione devozionale nei garfagnini. Ad esempio ecco tre storie che fanno proprio al caso nostro e fondono (come detto) al contempo storia e leggenda, tanto da non capire dove comincia l'una e finisce l'altra. La prima narrazione riguarda San Doroteo, amico fraterno del più famoso San Pellegrino
SAN DOROTEO
In tutta la Valle del Serchio, data la conformità del suo territorio
San Doroteo |
"San Doroteo era un compagno di San Pellegrino, insieme col quale peregrinava visitando i Santuari e macerandosi le carni di aspre penitenze. Quando San Pellegrino, seguendo l'impulso del cuore che era impulso divino, si portò sulle alpi di Castiglione per liberare dalle fiere (n.d.r:animale selvaggio o feroce)la gran selva tenebrosa. Doroteo lo seguì lungo la via risalendo il corso del Serchio. Giunti nelle selve di Cardoso, attraverso le quali passava la Via Romana, i santi si baciarono, s'incoraggiarono l'un con l'altro a sostenere con fermezza le lotte del demonio e della carne e si dettero l'addio per vivere solitari una vita eremitica e caritativa nella contemplazione e nella penitenza. San Pellegrino proseguì il viaggio e San Doroteo rimase nella foltissima selva di Cardoso, dalla quale poteva scorgere la selva tenebrosa dove il compagno si portava ad ammansire le fiere che dilaniavano gli uomini. Stanco dal lunghissimo viaggio, affranto dai disagi e dalle fatiche San Doroteo si adagiò sulla nuda terra, all'ombra pia di un castagno e fatta preghiera si addormentò. Doroteo la mattina dopo si risvegliò cullato dal canto soave degli uccellini. Cercò l'acqua ma non la trovò e ispirato dal cielo con il suo bastone fece un buco nel terreno dove cominciò a sgorgare acqua in abbondanza, si dice che quella è la fontana che zampilla ancora adesso presso la chiesa di Cardoso. Si costruì poi un rifugio di rami di albero ricoperti di terra. Nella selva di Cardoso il santo visse molti anni una vita rigidissima rivestito di pelli di animale e di corteccia di albero intessuta. Passava giorni e notti perlustrando la foresta per rimetere sulla buona via i viandanti che per disgrazia si erano persi. Li accompagnava presso i sentieri che portano a Valico e per quelli che portano verso la Palodina che conducono a Gallicano, talora li aiutava pure a guadare il Serchio. Si cibava di radici,
Cardoso |
SAN GUGLIELMO D'AQUITANIA
Questa è la meravigliosa e avventurosa storia di Guglielmo d'Aquitania, un santo poco conosciuto in Garfagnana, la sua storia
San Guglielmo d'Aquitania |
l'erba di San Guglielmo |
SAN GEMINIANO
Questa invece è la breve storia del vescovo che non volle diventare
San Geminiano |
l'alpicella delle Radici |
Queste sono solo alcune storie che legano i santi e la Garfagnana, ciò conferma il legame che la nostra terra ha con la Chiesa, un legame che nei secoli non sempre sarà apportatore di bene...