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Lezione di dialetto garfagnino: da un quaderno del 1973 del Gian Mirola

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"Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà", così scriveva Pier Paolo Pasolini. Pasolini vedeva nel dialetto l'ultima sopravvivenza di ciò che è ancora puro e incontaminato e come tale doveva essere protetto. Il dialetto garfagnino, come ho già affrontato tempo fa è un crogiolo di lingue che differisce da paese a paese e per questo va ancor di più tutelato,(leggi http://paolomarzi.blogspot.it/le-origini-del-dialetto.html) figuriamoci poi oggi, dove internet regna sovrano, dove le parole viaggiano nell'aria. Sms e whatsapp, hanno cambiato il nostro modo di comunicare, d'accordo è il progresso che avanza ma ci tolgono il piacere di comunicare guardandoci negli occhi, figurarsi poi parlare il dialetto.Si pensa che il dialetto sia ormai un qualcosa di vecchio,lo accusano di non essere al passo con i tempi, parlato solo dagli anziani o da gente di poca cultura, si considera perciò un qualcosa di non nobile e gretto, invece è la lingua delle nostre origini ed ha una funzione primaria: fa emergere i ricordi.Il dialetto è l'espressione di un popolo è come un abito fatto su misura è come una spugna che assorbe fatti, episodi e luoghi è quella lingua che ci fa capire che apparteniamo ad un certo posto è la nostra carta d'identità e veramente questa volta non potevo esimermi dal fare un articolo sul dialetto garfagnino.L'ispirazione a questo scritto mi viene per due motivi: la prima (pochi forse lo sanno) è che il 17 gennaio ricorre "La Giornata per salvare il dialetto", organizzata dalle Pro Loco d'Italia (UNPLI),pensate nel mondo ogni 14 giorni scompare una lingua locale,portando dietro di sè tradizioni,storia e cultura.La seconda motivazione è che giusto,giusto mi è capitato fra le mani un quadernetto con una simpatica ed ironica lezione di dialetto
Almiro Giannotti, il Gian Mirola
garfagnino del Gian Mirola(n.d,r:noto scrittore e studioso di Eglio, scomparso nel 2001)che non mi potevo tenere solo per me, tale opera andava 
assolutamente diffusa(anche se in parte).Questa infatti che andrò ad illustrare è proprio una lezione come quelle che si fanno a scuola,non manca la grammatica,tanto meno i verbi (a me in parte sconosciuti) e parole quasi ormai scomparse anche dalla bocca dei nostri anziani, il tutto rigorosamente in dialetto. Ecco qua dunque un piccolo sunto.

AVVERBI DI LUOGO

LICCUSI': lì,luogo determinato
LALLADILI':là, luogo indeterminato
DIREGGIO: laggiù, luogo non determinato
DIRESSU': lassù, luogo non determinato
DIRELLA': là, ma inteso per lontano (es: direllà per le Meriche)

MODI DI ESSERE

GRONCHIO: intirizzito, ma anche lento,maldestro
ANNIGHITO: arso dalla febbre, assetato
RINCUJONITO: rincitrullito
LUPPICOSO: cisposo
MACOLOTTATO O PIEN DI MACOLOTTI: tutto lividi

SEI VERBI

SCAGANCIA': sciupare
RUMBICA': ruminare
SPRILLOTTORA':(da prillo) girare intorno facendo perno su se stessi
SPIPINA':andare per il sottile
STINCURI': intirizzirsi
RIGUMBITA': vomitare

FENOMENI ATMOSFERICI

BRUSCIGNA':piovigginare
ROSCIO: rovescio d'acqua,acquazzone
BALFOIA: nevischio portato dal vento
ALBICA': albeggiare
SINIBBIO: vento

CAMPIONARIO PER RAGAZZE DA MARITO

MERENDON: uomo da poco, un sempliciotto
LOFFARO: svogliato
BRENDOLON: che veste male,disordinato sciatto
SCIABIGOTTO: sciocco o meglio un condensato di qualità negative
BISCARO: semplicemente uno sciocco
TESTACCHION o CHIOCCORON : duro di comprendonio

PARTI DEL CORPO UMANO

STOMBICO: stomaco
CUTRION: schiena
GOMBITO: gomito
GIRELLA : rotula
PINELLA: incisivo
UGNA: unghia

e potrei continuare ancora con questo quadernetto, un vero condensato di meraviglia e di parole,modi di dire,analisi fra il serio e il semi serio e quant'altro che solo il genio del Gian Mirola poteva elaborare e a proposito, solo un'altro genio come il castelnuovese Giovanni Giorgi che nel 1892 da il periodico "La Garfagnana" buttò giù d'impeto un'
ironica (è dir poco..) poesia, sottolineando la moda di quel tempo che esortava anche i più ignoranti ad esprimersi nella lingua ufficiale:l'italiano. Il modo di parlare è come il vestito, serviva a distinguere il montanaro dal cittadino:

"Quel che fa la città"

"Se tu vai per el mondo un po' a girare
nun torni,pijo giuramento, pijo:
che montagna è montagna, Baldassare,
e noi si puzza da lontano un mijo.

Ma va in città; s'impara anco a parlà:
chi è tonto nun pensà, diventa spijo.
Guarda le serve! Vanno via somare
e quando tornin su,san dar consijo.

La mi fiola? Nun seppe mai gnente
finchè stiede fra noi; ma nun pensà
fu un colpo solo andà e uno venì dalla città e artornò sapiente.

E adesso quando parla io sto a'scoltà,
se capiscio mi piji un accidente!
So che parla alla moda e un vo' a indagà"


Il dialetto è il collante che ci unisce alle nostre radici, il tenue filo che ci tiene legati alla cultura popolare e alla Nostra Storia. Difendiamolo!!!

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